sabato 19 marzo 2011
La svolta, riferisce la Tepco, è maturata dopo che gli ingegneri sono riusciti a far ripartire le pompe per garantire la fornitura di acqua marina alle vasche.
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I sistemi di raffreddamento delle vasche di stoccaggio del combustibile esauto sono di nuovo in funzione nei reattori 5 e 6 della centrale di Fukushima. La svolta, riferisce la Tepco, è maturata dopo che gli ingegneri sono riusciti a far ripartire le pompe per garantire la fornitura di acqua marina alle vasche. L'operazione è stata possibile dopo che i tecnici giapponesi sono riusciti a connettere un cavo a uno dei reattori di Fuskushima, un importante primo passo per ripristinare la fornitura diretta di elettricità per far partire le pompe di raffreddamento della centrale nucleare giapponese danneggiata dal terremoto della scorsa settimana. I responsabili sperano di poter completare l’operazione domani. Una volta che l’elettricità sarà stata ripristinata, il passo successivo sarà quello di verificare se è possibile alimentare direttamente il sistema di raffreddamento della centrale, cosa che a sua volta renderebbe più facile riprendere il controllo dei reattori surriscaldati. Ma intanto continuano ad arrivare anche cattive notizie: una nuova forte scossa sismica di assestamento, di magnitudo 6,1, ha colpito la prefettura settentrionale di Ibaraki ed avvertita con forza anche a Tokyo. E il portavoce governativo, Yukio Edano, ha affermato che nel latte prodotto nella prefettura di Fukushima e negli spinaci coltivati in quella vicina di Ibaraki si sono registrati livelli di radioattività «fortemente superiori» alla norma. Edano ha aggiunto che si stanno effettuando controlli per stabilire dove sono state inviate le ultime partite dei due prodotti. Incidente di raggio maggiore. Con ricadute, cioè, all’esterno della struttura causate dal rilascio di materiale radioattivo. Anche le autorità giapponesi sono arrese. E, ieri, dopo una settimana di tentennamenti – che hanno attirato su Tokyo gli strali della comunità internazionale – si sono decise ad innalzare il livello di allerta sulla centrale. Quest’ultimo – secondo quando stabilito dalla Nuclear and Insutrial Safety Agency (Nisa), l’agenzia nucleare nipponica – è passato da 4 a 5 sulla scala Ines (International nuclear scale event), che va da 1 a 7. A cambiare è, sostanzialmente, l’ampiezza degli effetti: quello che accade alla centrale di Fukushima non è più un problema locale. Le particelle di radioattività in fuga dai quattro reattori danneggiati rischiano di contaminare una vasta porzione di territorio. Come accadde 32 anni fa a Three Mile Island, in Pennsylvania, altro incidente di quinto livello. E, insieme a Fukushima, il più grave della storia nucleare dopo quello di Chernobyl, in Ucraina, la catastrofe per antonomasia, che raggiunse il livello 7, il massimo, di allerta. In realtà, nei giorni scorsi, l’agenzia nucleare francese aveva classificato l’incidente di Fukushima al livello 6. Non a caso, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Yukiya Amano, arrivato ieri in Giappone per una valutazione della crisi, ha rinnovato al premier Naoto Kan l’invito «alla chiarezza». Invito rivoltogli già due giorni fa da più parti. L’innalzamento del livello di allerta è stata la risposta indiretta di Tokyo a questa richiesta. Una scelta che ha provocato le lacrime di Akio Komiri, il direttore di Tepco, la società responsabile della centrale. Di fronte alla crescente gravità dell’incidente. il manager è scoppiato a piangere nel mezzo di una conferenza stampa. Il governo giapponese ha comunque precisato che la quantità di radiazioni nell’area intorno alla centrale non è aumentata. Perciò non è stato ancora ordinato alla popolazione della zona – è stata evacuata quella residente in un raggio di 20 chilometri – di prendere le 250mila dosi di ionio distribuite nei giorni scorsi. Anche l’Aiea ha voluto rassicurare l’opinione pubblica internazionale. Il consigliere tecnico Graham Andrew ha sottolineato che la situazione dell’impianto di Fukushima è «stabile». Ovvero non è peggiorata. Lo scenario, in ogni caso, – come ha sottolineato il premier – non «autorizza all’ottimismo». Eppure Tokyo non è disposta ad arrendersi alla tragedia. Nella centrale in panne si lavora con ostinata determinazione per fermare l’incubo radioattivo. In quella Amano ha definito una «corsa contro il tempo». Che procede in due direzioni: da una parte, abbassare la temperatura nei reattori con potenti iniezioni di acqua per arginare la fusione dei nuclei – già scoperti e parzialmente fusi – e, dall’altra, ripristinare l’impianto elettrico e, di conseguenza, l’impianto di raffreddamento. Ieri, gli elicotteri hanno scaricato 50 tonnellate d’acqua sul sito, mentre i pompieri sono più volte intervenuti con gli idranti. Si ripone sempre maggiore speranza, intanto, nell’idea di coprire le quattro carcasse fumanti con mastodontici sarcofaghi di cemento, sul modello Chernobyl. Dei mega-coperchi per contenere la fuoriuscita di radiazioni. Un’impresa titanica, affermano, però, gli esperti: per completarla potrebbero volerci anni. Un tempo infinito per il Giappone e il resto del mondo, oppressi dall’incubo nucleare. Si confida di avere maggiori dettagli nella riunione straordinaria dell’Aiea in programma lunedì a Vienna. Nell’incontro, Amano riferirà i dettagli della missione.
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