giovedì 17 marzo 2011
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È la tempesta perfetta: terremoto, tsunami e crisi nucleare potrebbero infliggere al Giappone danni fino a 200 miliardi di dollari, pari a oltre 143 miliardi di euro. A meno di una settimana dall’inizio dell’emergenza inizia a prendere forma il consenso degli analisti, che tuttavia avvertono: le stime sono ancora provvisorie, poiché gli esiti dell’incidente alla centrale di Fukushima restano imprevedibili. L’impatto della tripla catastrofe sull’economia giapponese potrebbe essere però limitato, se paragonato alla distruzione: un taglio di circa mezzo punto di Pil nel 2011, con previsioni che vanno dallo zero pronosticato da Citigroup (stima inalterata a +1,7% quest’anno) all’1% del «worst case scenario» prefigurato da Credit Suisse. Una ulteriore ventata di ottimismo è arrivata ieri dalla Borsa. L’indice Nikkei è rimbalzato del 5,7%, anche se resta sotto dell’11% da inizio settimana, mentre l’attenzione degli operatori resta puntata su Fukushima. Le Borse europee hanno fallito invece il rimbalzo, condizionate dai pessimi dati sul mercato immobiliare americano.La ricostruzione, come avviene di solito in questi casi, rappresenta un’occasione di crescita. Ma non ci sarà un’immediata ripartenza «a V», come accadde dopo il sisma di Kobe nel 1995. Si prevede una frenata che potrebbe protrarsi almeno fino a giugno e quindi uno scatto deciso solo a partire dal secondo semestre dell’anno. L’analisi poggia sulle differenze tra i due eventi che hanno funestato la storia recente del Sol Levante. La regione colpita venerdì scorso, quella di Sendai, è considerata relativamente marginale rispetto all’economia nipponica, di cui rappresenta al massimo il 5-7% del Pil e il 7% dell’industria. Paragonata all’Italia, non è la Lombardia ma nemmeno la Basilicata in termini di incidenza sulla generazione complessiva di ricchezza. Allo stesso tempo però le scosse di terremoto, cui si somma l’onda d’urto dello tsunami, hanno devastato centri nevralgici per l’economia del Paese. Gli stabilimenti automobilistici e di elettronica della regione producono pezzi insostituibili per le rispettive filiere e le ripercussioni si sono già avvertite anche all’estero.  Ancora più pesanti le conseguenze dei guasti alla centrale atomica di Fukushima: il razionamento dell’energia elettrica, secondo un report di Nomura, dovrebbe cancellare lo 0,29% del Pil. Le grandi aziende come Toyota, Sony, Mitsubishi e Bridgestone hanno comunque iniziato a riaprire gli impianti. Le imprese straniere presenti in Giappone, nel timore di una contaminazione radioattiva, hanno invece invitato il proprio personale a rimpatriare. Le immediate sorti della terza economia mondiale dipendono anche dalla capacità di rifinanziamento del governo e dall’andamento dello yen. Il Giappone ha chiuso il 2010 con un debito pubblico esorbitante, pari al 224% del Pil, e un deficit appena sotto il 10%. Le spese da affrontare per la ricostruzione costringeranno Tokyo ad emettere altro debito. Le iniezioni di liquidità da parte della Bank of Japan hanno finora contribuito a mantenere bassi i rendimenti. La banca centrale si appresterebbe a intervenire anche per frenare la corsa dello yen. La valuta si è rafforzata sulle attese di grandi rimpatri di capitali per la ricostruzione, ma rischia di colpire le esportazioni aggravando l’emergenza.
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