sabato 16 aprile 2022
Per 27 giorni, il 43enne ha sfidato i bombardamenti per rintracciare gli anziani bloccati in casa senza elettricità e connessione e li ha messi in contatto con i familiari fuggiti
Sergeij con una delle “nonne” rintracciate

Sergeij con una delle “nonne” rintracciate - Web

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«Eccomi, sto bene, mi hanno trovato!», si sente dire da numerosi anziani ripresi in decine di video, ciascuno nella propria cucina o in camera da letto, i capelli scompigliati, diversi strati di vestiti addosso, per combattere il freddo delle prime settimane di guerra senza riscaldamento. Accanto a loro che salutano, con sorrisi aperti su visi provati, compare sempre l’uomo che regge il cellulare per le riprese, Sergeij Petrikey, 43 anni, in tempo di pace direttore di un club sportivo per bambini. Ha girato per quasi un mese in auto per le vie del centro e della periferia, il telefono cellulare sempre sott’occhio, passando e ripassando da quei luoghi in cui sapeva avrebbe trovato una pur debole connessione Internet ancora attiva.

Lo ha fatto malgrado i bombardamenti insistenti con cui l’esercito russo ha tentato di piegare la sua città, Chernihiv, in Ucraina settentrionale, 280mila abitanti, la metà sfollati altrove per sfuggire a un assedio durato settimane. Solo i primi giorni di aprile, le truppe di Mosca si sono ritirate.
Sergeij era alla ricerca “della Rete” per svolgere una missione davvero singolare. Quella di rintracciare civili, anziani soprattutto, rimasti isolati nelle loro case senza più contatti con le famiglie. «Nella seconda settimana di guerra, Chernihiv ha subito l’interruzione della corrente elettrica. Molte persone non sono più riuscite a mantenere carichi i telefoni. Io mi muovevo in auto per distribuire aiuti alimentari e medicine, così sono sempre stato in grado di ricaricare il cellulare».
Molto attivo su Facebook come volontario, ha cominciato a ricevere decine di messaggi da altre città ucraine, ma anche dall’estero, Francia, Canada, Stati Uniti. «Persone sconosciute mi chiedevano di rintracciare i loro parenti, mi inviavano gli indirizzi, pregandomi di andare fisicamente a verificare se fossero ancora vivi». Per ventisette giorni consecutivi ha portato avanti la sua missione, riuscendo a individuare oltre duecento concittadini rimasti tagliati fuori dal mondo. Ha bussato alla porta di persone che non lo conoscevano e che lui non aveva mai incontrato prima. È entrato in appartamenti di chi era bloccato da giorni, spesso con provviste in esaurimento. Si appuntava la lista di ciò che serviva e registrava videomessaggi che poi inviava ai parenti lontani. Ci racconta della gioia nel tornare a vedere, pur su uno schermo, il viso dei propri cari, in un lockdown che forse un po’ è somigliato a quello vissuto da milioni di persone durante il Covid, ma che all’isolamento ha aggiunto il fragore spaventoso delle bombe.
«Le persone rintracciate sono state felici di venire contattate dai familiari, ma anche di ricevere informazioni su quello che stava accadendo fuori casa loro. Molti non sapevano se fossimo già stati occupati dai russi o se l’esercito ucraino stesse vincendo». Dall’altra parte della rete, i moti di gioia di chi era lontano. «Chi piangeva, chi si commuoveva, reazioni che avrebbe chiunque fosse rimasto per settimane senza sapere se la propria madre o il padre fossero ancora vivi». Confida di avere incontrato anche casi estremi di diversi anziani disabili, su sedie a rotelle, di fatto abbandonati dai parenti fuggiti via. Cita il caso di un uomo lasciato solo a casa dai due figli, malgrado avesse bisogno di cure mediche costanti, e quello di una donna di 92 anni con problemi a deambulare, che viveva da sola al settimo piano di un palazzo. «Ho visto, però, anche lo sforzo di vicini di casa e persone della comunità, che hanno cercato di darsi da fare per loro». Per portare avanti la sua incredibile attività Sergeij ha corso rischi altissimi. «In diversi luoghi in cui sono arrivato, non ci voleva andare nessuno. Sono stato fortunato, è come se ci fosse stata una forza là fuori che voleva che io continuassi a fare quello che facevo».
Ammette di non ricordare molti nomi delle tantissime persone rintracciate. Di una nonna che appare in uno dei video, tuttavia, non può dimenticare la grande voglia di chiacchierare dopo tanto silenzio: «Ma lei sa quant’ero bella da giovane? E quanti ragazzi mi corteggiavano? Così mi diceva. Io le ho risposto che era bella anche in quel momento e lei, allora, mi ha dato un bacio».

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