lunedì 24 aprile 2023
Anche il Papa è tornato a esprimere la sua preoccupazione per la situazione nel Paese africano. 20mila le persone in fuga dal conflitto nella regione sudanese del Darfur
Fuga dal Sudan, via anche ambasciatore e militari italiani

Reuters

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Mentre il Papa è tornato a esprimere la sua preoccupazione per la situazione del Sudan, molti Paesi stranieri si sono affrettati a evacuare i loro cittadini dal Paese africano dove i combattimenti mortali infuriano per la seconda settimana tra le forze fedeli a due generali rivali.
I voli di evacuazione sono continuati anche nelle prime ore di lunedì, con centinaia di persone che hanno lasciato il paese durante la notte a bordo di aerei militari.
Gli stranieri sono fuggiti dalla capitale Khartoum in un lungo convoglio delle Nazioni Unite, mentre milioni di residenti spaventati si sono rintanati nelle loro case, molti a corto di acqua e cibo.
In tutta la città, che conta cinque milioni di abitanti, l'esercito e le truppe paramilitari hanno combattuto feroci battaglie di strada dal 15 aprile, lasciandosi dietro carri armati carbonizzati, edifici sventrati e negozi saccheggiati.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di 420 persone sono state uccise e migliaia ferite, tra i timori di un'agitazione più ampia e di un disastro umanitario in una delle nazioni più povere del mondo.
Le forze speciali statunitensi hanno avviato domenica una missione di salvataggio per circa 100 membri del personale dell'ambasciata e i loro parenti, intervenendo con elicotteri Chinook per trasportarli in una base militare a Gibuti.
Le forze statunitensi "rimarranno dispiegate a Gibuti per proteggere il personale degli Stati Uniti e altre persone fino a quando la situazione della sicurezza non richiederà più la loro presenza", ha dichiarato domenica il presidente Joe Biden in una lettera al presidente della Camera.

Per quanto riguarda l'Italia: è decollato l'ultimo aereo da Khartum con a bordo l'ambasciatore e il personale militare verso Gibuti, a seguire un volo dedicato li porterà a Roma. "In raccordo con altri Paesi europei e alleati, un ponte aereo internazionale ha permesso di raggiungere la base militare di Gibuti, dove i connazionali saranno ospitati. Il rimpatrio avrà luogo lunedì sera con volo dell'Aeronautica Militare. Il ministro Tajani ha seguito direttamente la pianificazione e l'operazione di evacuazione in stretto contatto con il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa", si legge nella nota della Farnesina.
Via dal Paese africano anche i cittadini di Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi.

"Con la crisi in Sudan aumenteranno le partenze dei profughi", avvertono le Ong.

Fino a 20mila le persone in fuga dal conflitto nella regione sudanese del Darfur

"Il Ciad orientale ospita già oltre 400mila rifugiati dal Sudan e i nuovi arrivi stanno mettendo ulteriormente a dura prova i servizi e le risorse pubbliche del Paese, già sollecitate oltre misura". È l'allarme lanciato dall'Acnur, l'alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, secondo cui ci sono "milioni di persone in fuga nella regione" del Sudan. Negli ultimi giorni - secondo le stime dell'Acnur - sarebbero tra le 10mila e le 20mila persone in fuga dal conflitto nella regione sudanese del Darfur per cercare rifugio nel vicino Ciad".

Internet bloccato

E c'è blackout "quasi totale" di Internet nel Sudan scosso dai combattimenti. Lo ha riferito NetBlocks, un'organizzazione con sede a Londra che monitora l'accesso al web in tutto il mondo. "I dati di rete in tempo reale mostrano un collasso quasi totale della connettività Internet in Sudan, con la connettività nazionale ora al 2% dei livelli ordinari".


Ansa

Il destino comune al Sud Sudan della lotta di potere

di Paolo M. Alfieri

Separati ormai da dodici anni, eppure ancora accomunati da un destino incrociato. Per oltre due decenni, tra il 1983 e il 2005, tra Sudan e Sud Sudan, allora un Paese “unito”, erano solo combattimenti, attentati e mancanza di fiducia. Sancita nel 2011 la secessione tramite un referendum, il Sud pareva avviato verso un futuro di prosperità, grazie ai proventi del petrolio, ma tra il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar ben presto scoppiò un conflitto da 400mila morti.

Quattro anni fa, la rivolta di piazza appoggiata dall’esercito che destituì in Sudan l’uomo forte Omar el-Bashir allo stesso modo sembrava l’inizio di un futuro diverso, di una transizione possibile, per quanto inizialmente lastricata di armi, verso un futuro democratico. Anche in Sudan, invece, quel futuro diverso non si è ancora realizzato e un conflitto tra il leader golpista, generale al-Burhan, e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo, anche noto come Hemetti, sta anzi portando il Paese verso la guerra aperta, con già diverse centinaia di morti.

In un’Africa tornata ad essere territorio di conquista, e dove alle vecchie potenze si uniscono nuovi (più o meno espliciti) “padroni”, il destino incrociato di Khartum e Juba e delle loro risorse è uno spartiacque importante. Papa Francesco si è speso molto per il Paese più giovane del mondo e il viaggio apostolico del febbraio scorso ne è la prova. In Sud Sudan un percorso verso la pace è stato tracciato, anche con il sostegno della Comunità di Sant’Egidio, ma per le strade del Paese chiunque è impegnato sul terreno va sottolineando che l’insicurezza e la mancanza di fiducia tra i due fronti restano il principale ostacolo, mentre resta massiccia la circolazione di armi. Ancora il mese scorso la rimozione di tre ministri (uno in capo all’opposizione e moglie del vicepresidente Machar) da parte del presidente Salva Kiir ha accresciuto le tensioni, già alte dopo l’annuncio del prolungamento del periodo di transizione (e quindi del rinvio delle elezioni) fino al 2025. In Sudan a far scoppiare gli scontri a è stato il tentativo del generale al-Burhan di smobilitare le milizie delle Forze di supporto rapido, 100mila uomini ben armati e che rispondono di fatto solo al suo vice, Hemetti, trafficante numero uno dell’oro sudanese e forse uomo più ricco (e quindi con più potere del Paese). Anche solo per la loro posizione, Sudan e Sud Sudan sono territorio chiave del quadrante che da un lato fa da cerniera tra Africa occidentale e Africa orientale e che, dall’altro, lega la stessa Africa al Mar Rosso e ai Paesi del Golfo, che negli ultimi anni hanno alimentato la loro influenza nella zona.

Il destino delle popolazioni locali resta di fatto in bilico e poco conta che prima le armi sparassero tra nord e sud e che ora invece i conflitti siano tutti “interni”. La guerra è rimasta sempre la guerra guerra e per sudanesi e sud sudanesi drammaticamente nulla sembra essere cambiato.


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