sabato 21 aprile 2012
​Domani primo turno elettorale. Sarkozy agita lo spettro del disastro se vincerà il socialista Hollande. E lo sfidante: «Nessun disastro. Serve un intervento sui tassi». Marine Le Pen terzo incomodo.
Un bivio doppio di Luigi Geninazzi
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«Volete Hollande? Avrete la Grecia». Anche ieri sera, nelle ultime ore della campagna elettorale ufficiale, questo slogan restava il più gettonato in Francia fra quelli lanciati dal campo neogollista del presidente in carica Nicolas Sarkozy. Domani, in effetti, il primo turno delle presidenziali si giocherà verosimilmente anche sulle paure dei francesi. Paura del futuro, di una disoccupazione al galoppo, della desertificazione industriale, dell’assistenzialismo pubblico minacciato, del declassamento internazionale. E nelle ultime ore, sempre più paura anche di una nuova bufera finanziaria che, secondo voci ricorrenti, starebbe già puntando sull’Esagono suscitano nervosismo alla Borsa di Parigi, pur ieri in leggero aumento in chiusura (+0,46%). E la minaccia di declassamento del rating da parte dell’agenzia Moody’s.«La sinistra fa paura ai mercati?», titolava in giornata Libération, il quotidiano più letto dalla gauche parigina, pronto a citare vari esperti per mostrare che non giungerà il diluvio dopo un’eventuale vittoria del socialista François Hollande, dato sempre in netto vantaggio nei rilevamenti sul quasi certo ballottaggio del 6 maggio contro Sarkozy: 54% contro 46%, secondo l’ultimo sondaggio Ifop. Riguardo al primo turno, lo stesso istituto dava però ieri i duellanti ancora appaiati al 27%, contro il 16% per l’ultranazionalista Marine Le Pen, il 13,5% per il comunista Jean-Luc Mélenchon e il 10,5% per il centrista François Bayrou.Sarkozy, pur con qualche accortezza di linguaggio, ha ribadito l’allarme rosso nell’ultima intervista rilasciata al Figaro: «Non dico "dopo di me, il caos", perché ciò non avrebbe senso. Dico solo che, qualunque sia il presidente scelto dai francesi, se rilascia la pressione sulla riduzione dei deficit, saremo travolti». Già, quei deficit che negli anni di Sarkozy si sono succeduti come i vagoni di un treno, portando il debito pubblico a livelli mai visti e vicini a quelli italiani. Secondo i dati ufficiali dell’Insee, dopo un buco colossale di 103 miliardi nel solo 2011, il debito pubblico francese ammontava alla fine dell’anno scorso a 1717 miliardi, pari all’86% del Pil transalpino. E la Francia dovrà battersi per non superare quest’anno il fatidico livello del 90%, prima delle diete promesse solennemente da Parigi a livello europeo. Le stesse diete in gran parte assenti nei programmi di tutti gli sfidanti, ad eccezione di Bayrou, autoproclamatosi per questo «candidato della verità».Il ministro della Difesa Gerard Longuet, dopo aver incontrato a Bruxelles il proprio omologo tedesco, ha riferito ieri che i sondaggi in Francia «preoccupano» il governo del cancelliere Angela Merkel. Lo stesso esecutivo che, sul fronte dell’immigrazione, sarebbe ormai pronto ad appoggiare in pieno le proposte di Sarkozy per regole e controlli più rigidi all’interno dell’area Schengen. Hollande nel suo ultimo comizio a Charleville-Mezieres ha replicato subito ai foschi presagi riaffermando la propria convinzione di un necessario intervento della Banca centrale europea: «Ci sono due modi per rilanciare la crescita: o la Banca centrale europea abbassa i tassi d’interesse, oppure concede prestiti direttamente agli Stati membri, piuttosto che agli investitori privati».Ieri sera, Sarkozy ha tenuto il suo ultimo grande comizio a Nizza, grande area metropolitana di quel Sud-est alle porte dell’Italia dove il Fronte nazionale di Marine Le Pen ha storicamente costruito la propria ascesa. Un luogo ideale per l’ultimo atto di quella «strategia come presidente delle frontiere» grazie alla quale Sarkozy spera ancora di arrivare in testa domani sera, prima di un cambio tattico già previsto a partire da lunedì, all’insegna di una maggiore moderazione.In giornata, il presidente ha pure detto: «L’errore che ho commesso all’inizio del mio mandato è di non aver capito la dimensione simbolica del ruolo di presidente». Un chiaro riferimento anche ai gusti di lusso, allo stile talora quasi spavaldo e all’eccessiva prossimità con l’alta finanza così spesso rimproverati a Sarkozy, sullo sfondo della crisi. Intanto, in chiusura di campagna, anche l’Italia ha suscitato dibattiti e commenti. Se per Bayrou il governo Monti è «il modello da seguire», ieri il candidato dell’ultra-gauche Mélenchon ha attaccato il premier italiano, definendolo «la caricatura del liberale europeo». Si tratta dell’ennesima spia del fossato ideologico che separa l’ultra-gauche da Hollande, il quale chiede invece apertamente il sostegno di Roma per tentare d’imporre in Europa «un nuovo patto in nome della crescita». È del resto pure sui possibili ricatti dell’ultra-sinistra che Sarkozy spera ancora di costruire, contro ogni pronostico, la propria vittoria.
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