venerdì 23 settembre 2011
​Le due donne, cittadine francesi, dovranno pagare ammende di 120 e 80 euro. Le autorità sinora avevano adottato una linea morbida nell'applicare la norma.
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​«Questa condanna era il nostro scopo». Per una volta, le parole sono del condannato e non dell’accusa. Parole paradossali, ma che in fondo illustrano bene quanto è accaduto ieri a Meaux, importante centro della banlieue parigina, dove si è svolto il primo processo legato alla controversa legge che dallo scorso aprile vieta in Francia di «dissimulare il volto» in pubblico. La legge anti-burqa, com’è comunemente definita. Ad esplicitare lo “scopo” di farsi condannare è stata Hind Ahmas, 32 anni, sanzionata in giornata dal tribunale locale assieme a Najat Nait Ali, 36 anni. Le due donne, entrambe cittadine francesi, dovranno pagare ammende di 120 e 80 euro. Nei confronti delle trasgressioni, le autorità d’Oltralpe avevano deciso di adottare una linea morbida, almeno provvisoriamente. Il testo legislativo recita chiaramente che «solo un giudice può pronunciare un’ammenda, sia in udienza pubblica, sia sotto forma di ordinanza penale», poiché «non si tratta di ammende forfettarie». Ma le ammende (finora, in tutto, poco più di un centinaio), erano state invece comminate senza ricorrere ai tribunali, un po’ come semplici contravvenzioni automobilistiche. In uno «spirito pedagogico», secondo i vertici ministeriali.    Ma la sfida che Hind Ahmas e Najat Nait Ali hanno voluto portare alla République non poteva passare inosservata. Lo scorso 5 maggio, le due donne si sono recate con i loro niqab (veli integrali neri) al municipio di Meaux, dichiarando di voler consegnare una torta di compleanno a Jean-François Copé, sindaco della città, nonché segretario dell’Ump neogollista (il partito di maggioranza del presidente Nicolas Sarkozy) e ispiratore del testo di legge anti-burqa. La provocazione, questa volta, ha centrato il segno: proprio l’istruzione di un processo con condanna. Diversi altri tentativi erano già falliti. Come quello di Kenza Drider, che all’indomani dell’approvazione della legge aveva convocato i giornalisti alla stazione ferroviaria di Avignone, salendo poi con il velo su un treno in direzione di Parigi. Si tratta della stessa Drider che ieri, fuori dal tribunale di Meaux, ha annunciato alla stampa la propria intenzione di concorrere per l’Eliseo. Come lei, anche altre manifestanti presenti hanno rifiutato di togliere il velo, senza essere fermate dalle forze dell’ordine. Il “comitato di sostegno” più noto è diretto dall’uomo d’affari Rachid Nekkaz, che ha istituito un fondo per rimborsare tutte le ammende pagate dalle donne velate. L’obiettivo è di portare rapidamente il caso di Meaux in Cassazione e poi alla Corte europea dei diritti dell’Uomo, dove i legali pro-velo sperano di dimostrare presunte contraddizioni fra la legislazione francese e quella europea.
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