martedì 5 dicembre 2017
Il fatto dopo che il presidente ha dato mano libera a polizia ed esercito nella repressione del dissenso al governo. La condanna del vescovo, la protesta di chi si batte per i diritti umani
Un controllo ad opera di soldati filippini (Ansa)

Un controllo ad opera di soldati filippini (Ansa)

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Un altro sacerdote è stato ucciso nelle Filippine. A cadere sotto i colpi di sicari ancora ignoti, padre Marcelito Paez, ritiratosi nel 2015 dal servizio sacerdotale perché 70enne ma senza rinunciare al lungo impegno a favore degli ultimi nelle aree rurali della diocesi settentrionale di San Jose. Immediate le proteste dei gruppi per i diritti umani, che anche temono la deriva dittatoriale del Paese sotto il presidente Rodrigo Duterte.

Il sacerdote, infatti, era stato responsabile della commissione Giustizia e Pace diocesana ed era coordinatore regionale dei Missionari rurali delle Filippine, organizzazione interdiocesana e intercongregazionale di clero e laici che a livello nazionale sostiene i diritti di contadini e tribali. In passato si era impegnato pure per la chiusura delle basi militari statunitensi nell’arcipelago e un affrancamento dall’influenza americana.

Tra l'altro il delitto, lunedì sera, è avvenuto a poche ore dal rilascio di un detenuto politico che lui aveva mediato.

Pronta la condanna del vescovo Roberto Mallari e del clero locale che hanno chiesto che sia fatta luce sulle circostanze dell’agguato e siano trovati i colpevoli. L'omicidio segue quello del pastore protestante Lovelito Quinones (ritenuto dalla polizia membro del Nuovo esercito del popolo, braccio armato del Partito comunista delle Filippine) il 3 dicembre sull’isola di Mindoro, e quello del pastore Perfecto Hoyle (pure impegnato in attività sociali) il 16 novembre sull’isola di Mindanao.

Il presidente filippino, dopo avere dato via libera all'uccisione dei sospetti spacciatori di droga, ha minacciato azioni repressive contro gli attivisti sospettabili di “cospirare” con il movimento clandestino della sinistra, indicandoli come potenziali “bersagli” a polizia e militari. Ribadita come già è stato per la polizia anche l’immunità per i membri delle forze armate che venissero accusati di abusi.

“Etichettare le organizzazioni popolari e i loro sostenitori anche nella Chiesa come ‘uomini di sinistra e destabilizzatori’ ricorda da vicino gli anni della legge marziale sotto Marcos”, ha dichiarato a Ucan News il Redentorista padre Oliver Castor, portavoce dei Missionari rurali delle Filippine, sottolineando che l’offensiva in corso contro i dissidenti politici o semplici critiche dell’amministrazione che nella sua “guerra alla droga” ha fatto oltre 10mila vittime, segue lo stesso schema della lotta contro tossicodipendenti e spacciatori. “Si tratta di assassinii sistematici diretti verso un settore specifico della popolazione. Lo scorso anno sono stati i drogati, questa volta i simpatizzanti di sinistra”.

Sono almeno 13 i sacerdoti uccisi durante la dittatura Marco e fino ad oggi. Complessivamente 31 gli attivisti legati alla Chiesa assassinati dal Duemila.

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