giovedì 25 agosto 2016
L'accordo di pace in Colombia: ha vinto il popolo
COMMENTA E CONDIVIDI
“Sì se puede!” (E’ possibile). Il grido è risuonato per ore nelle strade della Colombia, da Bogotà a Cali fino nei più remoti villaggi del Caquetá. A urlare a squarciagola erano uomini, donne, bambini con magliette gialle e il tricolore in mano. I protagonisti della notte di festa (in molte città ancora in corso) sono state le persone comuni, gli autentici vincitori di una guerra in atto ormai da 52 anni. Non la guerriglia delle Farc e nemmeno il governo: entrambi hanno dovuto “arretrare” rispetto alle posizioni iniziali per arrivare all’accordo finale in questi quasi quattro anni di negoziati, finiti ieri. A vincere è stato il popolo colombiano che, dopo oltre mezzo secolo, potrebbe conoscere la pace.L'ACCORDO DI PACE Il condizionale è d’obbligo perché l’ultima parola sul conflitto e la sua conclusione effettiva devono pronunciarla ora ai colombiani. In primis con il referendum del 2 ottobre in cui verrà loro chiesto di ratificare il patto dell’Avana. L’esito del voto non è scontato: forze potenti si oppongono all’accordo, definito dall’ex presidente Álvaro Uribe, un assegno in bianco alle Farc. E, anche se il sì dovesse prevalere, spente le luci della festa, saranno i cittadini a dover portare la pace dall’inchiostro alla realtà. Certo, il ruolo dello Stato e la cooperazione della guerriglia è fondamentale perché il vuoto criminale lasciato da quest’ultima – e il fiorente business della coca, delle miniere clandestini e delle estorsioni – non venga occupato da altre organizzazioni. Con la partecipazione eventuale dei quadri intermedi delle Farc, scontenti dell’accordo. E’ accaduto in passato con la smobilitazione dei paramilitari di ultradestra delle Autodefensas Unidas de Colombia (Auc). Il lungo e faticoso processo di riconciliazione, però, non può essere imposto dall’alto. Richiede uno sforzo, spesso doloroso, delle vittime dirette e di quelle indirette, cioè dell’intera società. La sfida è ardua. E impensabile fino a quattro anni fa. Ora, però, la Colombia può almeno provarci. Con la consapevolezza che “sì se puede”.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: