sabato 16 giugno 2012
Domenica sera i risultati. I conservatori di Nea Demokratia e la sinistra radicale di Syriza, vittoriosa alle elezioni di maggio, sono alla pari nei sondaggi. Entrambi sostengono la permanenza nell'area Euro, ma il leader di Syriza intende rinegoziarne gli oneri. Monti e la Merkel incoraggiano Atene a rimanere nell'Eurozona. Massima allerta nelle banche americane.
No al fascino dell'abisso di Giorgio Ferrari
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Un auspicio e una mano tesa. Alla vigilia delle elezioni di domenica in Grecia, dal premier Mario Monti e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel arrivano parole che incoraggiano la permanenza degli ellenici nell'area Euro.Dal voto in Grecia, ha detto il presidente del Consiglio, "mi aspetto prevalga la volontà precisa di restare in Europa". Il premier si aspetta, come se lo aspettano gli altri partner Ue, un voto favorevole a un "saldo rapporto tra la Grecia e l'Ue e alla permanenza della Grecia nell'eurozona". "Immagino che l'Ue, e parlo come privato cittadino non come capo di governo - ha precisato Monti - potrebbe eventualmente considerare qualche dilazione" degli impegni presi dalla Grecia.Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel preferisce pensare a uno scenario di continuità, piuttosto che alla drammatica eventualità di un ritorno alla dracma. "E' importante - ha detto - che le elezioni grechepreferibilmente portino a un risultato per cui quelli incaricati i formare un nuovo governo dicano 'sì, rispetteremo gli impegni'". La dichiarazione segue quelle del suo stretto alleato Wolfgang Bosbach, presidente del Comitato parlamentare agli Interni, secondo cui se in Grecia vincerà l'estrema sinistra allora "l'uscita dall'eurozona sarà solo una questione di tempo".Massima allerta nelle banche americane, in quella che si prospetta una domenica lavorativa rovente. Centinaia di dipendenti delle maggiori istituzioni attenderanno i risultati delle elezioni in Grecia. E sono "pronti allo scenario peggiore. Il timore, riporta il New York Times, è che il voto aumenti le chance di un'uscita della Grecia dall'area euro con ripercussioni sul sistema finanziario e sui mercati lunedì", fin dall'apertura delle piazze asiatiche.EURO, LA GRECIA TIRA LA MONETA DELLE URNE di Giorgio Ferrari«Il paradosso – sorride acido Nikos Chryssochoidis, uno dei principali broker della capitale – è proprio quello spread pari a zero fra Nea Demokratia e Syriza: perfettamente alla pari, il che vuol dire grandissima incertezza, come se camminassimo su un’asse di equilibrio: di qua restiamo nell’euro, di là precipitiamo nella dracma, di qua restiamo in Europa, di là rotoliamo nel Mar Egeo e finiamo in bocca all’impero ottomano e alla Russia».Sintesi più smagliante nel suo disadorno cinismo Nikos non potrebbe fornire. Non per niente già tre anni fa Chryssochoidis preconizzava il collasso delle finanze greche e quel default dello Stato e del suo debito sovrano che da molti mesi è nei fatti anche se le anime pie di Bruxelles e del Fondo monetario internazionale si ostinano a negarlo fino all’ultimo.Mancano ventiquattr’ore al voto che ci dirà quale destino la Grecia ha deciso di assegnarsi. Nea Demokratia si dice sicura della vittoria alleandosi con tutte quelle forze eterogenee che nella recentissima consultazione elettorale erano volate ai margini dell’arena politica, per sfiducia e per protesta nei confronti di quel centrodestra guidato dal leader Samaras che in passato non si è minimamente differenziato dai socialisti del Pasok, anzi ne ha condiviso l’irresponsabile tecnica dello struzzo fino a quando i conti truccati di Atene non sono divenuti impresentabili anche per i ragionieri della Commissione europea, della Bce e del Fondo monetario internazionale.Sull’altro fronte c’è Syriza, formazione della sinistra radicale (ora in leggera flessione) che alle elezioni di maggio ha fatto man bassa di preferenze intercettando il voto giovanile e la protesta di quel ceto medio impaurito, deluso, timoroso di un futuro che nemmeno si intravede, al quale ha regalato una velenosa speranza: quella di rinegoziare il famigerato memorandum siglato fra Atene e la trojka spuntando condizioni meno dure. «Intendo usare i 10 giorni cruciali dopo il vertice Ue del 28 giugno per una radicale rinegoziazione», dice il giovane leader Alexis Tsipras. Ma i signori che tengono i cordoni della borsa in testa il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble – non usano mezzi termini: se Atene impugnerà i termini del memorandum il prestito di 130 miliardi di euro sarà automaticamente a rischio. E i greci – che patiscono una disoccupazione che ha raggiunto il 22,6% – sanno bene quanto sia importante quel prestito, visto a che nelle casse statali – come rivela il quotidiano Kathimerini – al momento giacciono soltanto due miliardi, bastevoli a pagare gli stipendi e le pensioni di giugno (e forse di luglio) e a gestire l’ordinaria amministrazione.Ma davvero finirà nel baratro la Grecia? Davvero speranze e dignità di un popolo intero finiranno calpestati da una macchina spietata come quella speculativa senza che la società greca, il suo elettorato, i partiti che ne incarnano e incardinano gli umori e le attese possano fare nulla? Le ipotesi si rincorrono. Un sondaggio “segreto”, condotto da Nea Demokratia, assegna un leggero vantaggio al partito di Samaras e apre alla possibilità che la Grecia riesca, alla fine, ad onorare gli impegni del memorandun, allontanando il pedricolo di default. In caso di vittoria della sinistra radicale di Syriza, in ogni caso, difficilmente il partito di Tsipras otterrà la maggioranza assoluta, fermandosi a 130-135 seggi. Gli occorrerà, insomma, uno o più alleati, come il Pasok o la sinistra democratica, a condizione però che nessuno reclami l’uscita della Grecia dell’euro. Quanto alle rinegoziazione del memorandum, qualche spiraglio c’è, visto il recente caso spagnolo. Si tratterebbe, per cominciare, di allungare i tempi del debito e di ritoccare gli interessi. Ma è una partita delicatissima, che può accendere il falò della discordia e far precipitare ogni cosa spingendo Atene verso l’inevitabile ritorno alla dracma. Se viceversa vincerà Nea Demokratia lo scenario non cambierà di molto:Samaras avrà anch’egli bisogno di alleati come il Pasok e magari come la sinistra democratica, questi ultimi due, come si vede, buoni per ogni alleanza e a loro modo aghi della bilancia. Il che, vista la sostanziale accettazione del memorandum, poterebbe a una breve ma significativa euforia, con i mercati che respirano e l’uscita dall’euro che si allontana. Salvo poi ripresentarsi al massimo entro un anno, in uno scenario che nessuno è in grado di prefigurare.Terza possibilità: Syriza vince ma non riesce a configurare una nuova maggioranza e deve ripiegare su una Grosse Koalition, ovvero il più instabile dei governi con piccoli e rissosi partiti che condizionano le scelte dell’esecutivo. Sarebbe lo scenario peggiore, ma neppure il più remoto. Non a caso alla vigilia del voto però Tsipras rassicura: «Lunedì formeremo il governo di tutti i greci, con l’Europa e con l’euro e al tempo stesso garantiamo che manterremo la Grecia nell’eurozona».Da molti secoli nessuno si reca più a Delfi alle pendici del Parnaso, e nessuna Pizia scruta più fra i vapori che si sprigionano dalla fenditura nella cella del tempio per vaticinare i voleri di Apollo. Resta però quella scritta, gnôthi seautòn, conosci te stesso. E forse è proprio questo il cuore segreto dei discendenti di Pericle, di Eschilo, di Platone: «La verità – dice ancora Nikos Chryssochoidis – in fondo la conosciamo. Per scongiurare la tragedia che incombe occorre un pizzico di commedia...». Forse è davvero così, il garrulo e oltraggioso Aristofane per alleggerire Sofocle, il riso sghembo degli uccelli che spodestano gli dèi per esorcizzare il sangue che fiammeggia sui cadaveri di Egisto e Clitemnestra. Un teatro antico e sapiente, che i rigidi soloni del Nord nella loro sperimentata banalità non riusciranno mai a comprendere appieno. E grazie al quale, tra un’ammuina e l’altra, i greci salveranno la borsa e la vita, strappando in extremis un compromesso con gli arcigni contabili europei.

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