martedì 5 maggio 2015
Giampiero Filangieri, 35 anni, era partito per il Califfato. Poi era stato arrestato ad Erbil nel 2014. Dopo l'arrivo a Fiumicino, si troverebbe in una struttura sanitaria.
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Rientrato domenica in Italia Giampiero Filangieri, il 35enne italiano partito per l’Iraq con l’intento di arruolarsi nelle file delle milizie jihadiste e finito agli arresti nella città di Erbil nel luglio del 2014. È atterrato infatti all’aeroporto di Fiumicino l’altro ieri a bordo di un volo proveniente da Istanbul, accompagnato da personale medico della Polizia italiana, che l’aveva preso in consegna poche ore prima proprio a Erbil, nel Kurdistan iracheno.  Ora si troverebbe in una struttura sanitaria dell’Emilia Romagna, per controlli che riguardano la sua attuale situazione psico-fisica, e dove sarebbe comunque a disposizione dell’autorità giudiziaria per gli accertamenti del caso. Nei giorni scorsi, la magistratura irachena che si occupa di questioni di sicurezza aveva trasmesso alle autorità italiane la propria intenzione di procedere alla sua liberazione dal carcere e alla successiva espulsione dal territorio dell’Iraq verso la nazione di appartenenza di Filangieri, ossia l’Italia. A fare da tramite nella delicata situazione, è stata la costante opera diplomatica dell’ambasciata italiana in Iraq.  La notizia è confermata da fonti investigative, interpellate da Avvenire, e da due immagini in cui lo si vede scendere dalla scaletta dell’aereo a Fiumicino, vestito con un completo scuro e una camicia chiara: capelli corti, barba rasata e sguardo smarrito, uno zaino sulle spalle e due buste nelle mani, Filangieri cammina liberamente, con la postura solo lievemente incurvata dal peso dello zaino, accompagnato da investigatori della Polizia e dell’Interpol. L’arresto in Kurdistan. Nato a Reggio Calabria nel 1980 ma cresciuto a Bologna, dove tuttora abita la sua famiglia, Filangieri aveva vissuto nel 2009 un perio-È do da clochard in Spagna, nel corso del quale era stato aggredito e malmenato da un gruppo di giovani bulletti locali. Poi era rientrato in Italia. Tempo fa, secondo gli investigatori italiani, avrebbe manifestato l’intenzione di unirsi alle milizie integraliste, comunicandola attraverso messaggi inviati con Whatsapp ad altre persone: «È iniziata la mia lotta contro l’Occidente predone», scriveva. E ancora: «Islam libertà per i popoli oppressi...Occidente oppressore ti distruggerò... Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale». Quindi aveva deciso di partire ma era stato individuato dalla Polizia turca, che l’aveva segnalato ad agenti curdi sospettando che avesse intenzione di arruolarsi nell’esercito dello Stato islamico. Nel 2014 è avvenuto il suo arresto, confermato in seguito dal presidente curdo Barzani in un’intervista al quotidiano al Hayat: «Una persona italiana ha tentato di entrare nella regione dalla Turchia. È venuto in modo regolare con il suo passaporto, ma la polizia curda ha scoperto che era venuto per arruolarsi all’Is». «Ragazzo problematico, ma non terrorista»  Nei mesi scorsi i genitori di Filangieri e i parenti della provincia di Reggio Calabria hanno difeso il 35enne: «Non è un terrorista e non c’entra niente con l’Is. È soltanto un ragazzo problematico e facilmente plagiabile ». Il reato, previsto da nuovo decreto anti terrorismo convertito in legge, che punisce chi si arruola fra i cosiddetti foreign fighters con pene da 5 a 8 anni non dovrebbe essere comunque applicato al suo caso, visto che il tentativo di varcare il confine iracheno conclusosi poi con l’arresto è avvenuto nel 2014, quindi prima dell’entrata in vigore della nuova legge. Al momento, secondo la Polizia di prevenzione, sono circa 70 i combattenti partiti dall’Italia e arruolati nelle milizie integraliste.
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