sabato 28 novembre 2015
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Il processo per il tweet “incriminato” seguirà il corso segnato. Ma è del tutto evidente che l’applicazione stringente della sharia sta creando in Arabia Saudita una vera escalation di morte, sfiorando cifre che, un tempo, le organizzazioni umanitarie stimavano possibili solo in Iran e in Cina. Il paragone diretto tra il sanguinario Daesh e uno Stato 'a tutti gli effetti' come l’Arabia Saudita – riconosciuto a livello internazionale e addirittura tra i discussi “consulenti” del Consiglio Onu per i diritti umani – resta improponibile. Ma da Riad il segnale dell’avvio, con la salita al trono di Salman, di un nuovo corso umanitario forse poteva finalmente arrivare. In molti lo speravano, anche se tanti altri parlano di una dura lotta (anche su questo) ai vertici del regime. Fatto sta che lo Stato arabo per eccellenza non arriva a una svolta, che contribuirebbe a fugare anche le accuse di connivenze con il Califfato nero di Raqqa. È un’occasione drammaticamente persa. Eppure c’è una civile leadership nel mondo arabo che, con il riconoscimento esplicito dei diritti umani, può e deve essere conquistata senza petrolio né scimitarre. 
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