giovedì 13 dicembre 2018
Entro il 21 gennaio il voto a Westminster sull'accordo raggiunto dalla premier Theresa May con l'Unione Europea. Resta in piedi l'ipotesi del referendum-bis
La premier britannica Theresa May davanti alla sua residenza di Downing Street a Londra (Ansa)

La premier britannica Theresa May davanti alla sua residenza di Downing Street a Londra (Ansa)

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Di seguito alcuni degli scenari possibili dopo il voto di ieri sera del partito conservatore che ha confermato la fiducia alla premier Theresa May.

MOZIONE RESPINTA. La premier resta alla guida del partito e del governo della Gran Bretagna almeno per un altro anno. Un regolamento interno ai Tory stabilisce che una seconda eventuale mozione di sfiducia può essere presentata soltanto a distanza di 12 mesi. Ciò non esclude che Theresa May possa dimettersi di sua volontà prima della scadenza naturale del suo mandato (luglio 2022). Dal margine con cui la mozione di sfiducia è stata bocciata dipende, ovviamente, il grado di legittimità politica che caratterizzerà la sua iniziativa nei mesi a venire. La marcia verso la Brexit potrebbe adesso proseguire secondo le scadenze già previste. La prima, quella del 21 gennaio, è quella entro cui il Parlamento deve approvare l’accordo negoziato con Bruxelles. May ha quindi ancora qualche settimana di tempo per costruire il consenso necessario a portare a compimento la sua impresa. Non sono tuttavia esclusi nuovi colpi di scena. Una ulteriore mozione di sfiducia potrebbe essere presentata dai Labour ma, questa volta, contro l’intero governo.

COALIZIONE DI GOVERNO. Scongiurata, per adesso, l’ipotesi di una coalizione di governo data per probabile nei giorni scorsi. Questa soluzione potrebbe tornare alla ribalta nel caso in cui il governo venga sfiduciato dall’opposizione laburista guidata da Jeremyn Corbyn. In tal caso è possibile che la regina decida di affidare a qualcuno il compito di creare un esecutivo «di scopo» che, tenendo insieme maggioranza e opposizione, traghetterebbe il Paese attraverso la crisi. In tal caso, il processo verso la Brexit potrebbe subire una grave battuta di arresto. Londra sarebbe essere costretta a insistere con l’Unione Europea per una nuova negoziazione o, per lo meno, per uno slittamento della scadenza. Ogni argomento dovrebbe in ogni caso essere ratificato dal Parlamento inglese e accettato dai Ventisette.

ELEZIONI ANTICIPATE. La premier Theresa May potrebbe decidere di uscire dallo stallo convocando elezioni anticipate. È una ipotesi difficilmente realizzabile, auspicata soprattutto dall’opposizione e dai «ribelli» del partito conservatore che hanno sfidato May con la mozione di sfiducia. Stando a una legge approvata sette anni fa («Fixed Term Parliaments Act»), per indire elezioni anticipate è necessario un passaggio parlamentare. La richiesta di una nuova consultazione politica deve essere sostenuta dai due terzi dei deputati. La data per le nuove elezioni viene decisa dalla premier ma non può comunque essere fissata prima di 25 giorni lavorativi dal lasciapassare di Westminster.

SECONDO REFERENDUM. Il governo potrebbe optare anche per indire un secondo referendum sulla Brexit. Gli addetti ai lavori, al momento, considerano questa opzione come la più probabile oltre che come la più auspicabile dal punto di vista politico. Non poche sarebbero, tuttavia, le difficoltà tecniche imposte dalla prassi normativa. Come previsto da una legge del 2000, anche in questo caso sarebbe necessario un atto legislativo che ne definisca regole (per esempio, chi è ammesso al voto) e contenuti. Non è detto che il quesito referendario sia lo stesso proposto nel 2016 (Brexit o Remain): l’elettorato potrebbe per esempio essere chiamato a sostenere, o meno, proprio il «piano May». In ogni caso, il referendum non sarebbe convocato immediatamente dopo l’approvazione della legge ma a distanza di dieci settimane. La legge, certo, potrebbe includere una clausola di emergenza per accelerare i tempi della consultazione, ma difficilmente questa potrebbe avvenire prima del 29 marzo 2019. Anche in questo caso, tra l’altro, potrebbe essere necessario chiedere a Bruxelles di posticipare la scadenza entro cui completare la Brexit.

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