sabato 17 giugno 2017
Nel raid del 28 maggio dai caccia Su-35 e Su-34 russi, sarebbe stato decapitato l’intero comando del Daesh: «Morti anche comandanti e 300 militanti». Erano riuniti a Raqqa. Dubbi e nessuna conferma
La zona (secondo i russi) colpita a Raqqa, prima e dopo il bombardamento (Ansa)

La zona (secondo i russi) colpita a Raqqa, prima e dopo il bombardamento (Ansa)

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Il «colpo grosso» in Siria L’uomo dalle innumerevoli vite – e dalle altrettanto numerose morti “virtuali” –, l’uomo che ha osato spezzare il predominio al-Qaeda per dar vita al sogno (all’incubo) del Califfato, vale a dire il disegno di dare un ancoramento territoriale al jihad, l’uomo che ha incarnato il nuovo volto del terrore su scala planetaria, è stato ucciso a sud di Raqqa, in Siria, lo scorso 28 maggio. O, almeno, così sostiene il ministero della Difesa russo. Di morti Abu-Bakr al-Baghdadi ne “vanta” tante. Dal novembre 2014 a una manciata di giorni fa, il “califfo” ha collezionato una serie di uccisioni (le sue), che ne hanno fatto un personaggio sfuggente, imprendibile, un “fantasma”, sempre sull’orlo tra realtà e finzione. La differenza, questa volta, è che la notizia – e la paternità del raid che lo avrebbe ucciso – è di Mosca. Non solo: con lui sarebbe stato decapitato l’intero comando del Daesh. Mosca si è affidata a un comunicato per annunciare la presunta morte di Baghdadi. La prudenza non manca. «Il comando russo delle truppe nella Repubblica araba siriana – si legge nel testo diffuso dal ministero della Difesa russa – aveva ricevuto informazioni di una riunione a Raqqa dei leader del gruppo terroristico nella periferia meridionale della città». E ancora: «Durante la verifica delle informazioni, è stato ulteriormente chiarito che lo scopo della riunione era progettare le vie di uscita dei combattenti da Raqqa attraverso il cosiddetto corridoio Sud». Un drone aveva effettuato la ricognizione prima del raid. «I raid russo è avvenuto il 28 maggio 2017 (secondo l’ora di Mosca, ma era ancora il 27 secondo il fuso orario italiano), dopo la conferma da mezzi senza equipaggio della posizione e dell’ora della riunione dei capi del Daesh, della riunione dove erano presenti i signori della guerra». Dalle 23.35 alle 23.45 ora italiana, gli aerei russi hanno fatto fuoco.

Come conseguenza dell’attacco, gli Su-35 e Su-34 russi hanno ucciso «i grandi capi» del gruppo terrorista, ossia gli appartenenti al cosiddetto Consiglio militare dell’organizzazione terroristica, «così come circa 30 comandanti di medio livello e fino a 300 militanti». Il ministero della Difesa russo, che avrebbe informato in anticipo i militari americani dell’ora e del luogo del-l’attacco, ha quindi diffuso immagini aeree che – stando al dicastero – mostrano come era prima e come è diventata dopo il bombardamento. Qualcosa, però, sembra non tornare. Primo: i raid dicono di aver intercettato al-Baghdadi nella periferia sud. Il luogo indicato nelle foto mostrate, però, corrisponde a una moschea sita nel centro di Raqqa. La stessa che, il 28 maggio, poche ore prima, era stata bombardata dalla Coalizione. Chi, sempre che sia morto, dunque, ha eliminato davvero il califfo? Ora si va a caccia di conferme. Che al momento è difficile arrivino. Lo stesso ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov ha detto di non essere in grado di confermare la notizia «al cento per cento ». Cauti anche gli Usa. Il colonnello Ryan Dillon, portavoce della Coalizione, ha invitato alla prudenza: «In passato altre volte sono state diffuse simili affermazioni che poi si sono rivelate prive di fondamento. Al momento non abbiamo alcuna prova definitiva che quanto affermato dalla Difesa russa sia veritiero». Anche il Pentagono ha fatto sapere di non aver preso visione di informazioni capaci di confermare le asserzioni russe. Scettici anche alcuni funzionari iracheni, contattati dalla Reuters.

Quale effetto avrà, se confermata, la morte del califfo? Per Viktor Baranez, esperto militare della Komsomolskaja Pravda, quotidiano russo vicino al Cremlino, l’indebolimento del Daesh al momento è paragonabile al «mercurio di un termometro rotto. Si divide in una serie di piccoli pallini che scappano da tutte le parti. In Arabia Saudita, in Turchia, ovunque». E il problema non può essere risolvibile con un «potente aspirapolvere » di un grande esercito. «E non si può escludere che i pallini si riuniscano in una grande massa, pericolosa ». Con o senza al-Baghdadi.

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