mercoledì 5 dicembre 2012
​Il presidente era stato costretto a lasciare il palazzo assediato, in mattinata è rientrato. Ma i manifestanti restano in piazza. I Fratelli musulmani accorrono in difesa del loro leader e smantellano i presidi degli oppositori: la tensione si alza.
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Centinaia di manifestanti che protestano contro il presidente egiziano Mohammed Morsi hanno trascorso la notte davanti al palazzo presidenziale. Ieri decine di migliaia di dimostranti si sono uniti in un corteo intorno all'edificio che sorge nel quartiere Heliopolis. La manifestazione è degenerata quando alcuni manifestanti hanno rotto il cordone della polizia, nonostante i lanci di lacrimogeni effettuati dagli agenti, e hanno circondato il palazzo, mentre Morsi lasciava l'edificio. Il presidente è comunque rientrato in mattinata nella sua sede. Intanto i Fratelli musulmani e le "forze popolari" hanno chiamato i militanti a manifestare davanti al palazzo presidenziale di Mohamed Morsi per "proteggere la legittimita", dopo le "aggressioni" di ieri. All'appello hanno risposto in migliaia, che hanno subito preso di mira i presidi degli oppositori, smantellando alcune tende allestite in piazza. Inevitabilmente sono scoppiati dei tafferugli.Intanto il vicepresidente Mekki ha provato a raffreddare gli animi, annunciando che il referendum costituzionale si terrà come previsto in Egitto il 15 dicembre perchè le proteste "non risolvono le differenze". Poi ha aggiunto che gli "articoli contestati" della costituzione sono modificabili. Morsi lascia il palazzo assediatodi Gilberto MastromatteoCostretto alla fuga dalla rabbia dei manifestanti. Come un Mubarak qualsiasi. Questa volta però non si tratta di un dittatore pluri-decennale. A lasciare il Palazzo presidenziale di Heliopolis, nel cuore del Cairo, sotto la pressione della folla inferocita, ieri sera è stato il presidente della Repubblica egiziana, Mohammed Morsi. L’ex “paladino della rivoluzione”, come egli stesso si era definito lo scorso 24 giugno, quando, sconfiggendo al ballottaggio il feldmaresciallo Ahmed Shafiq, era divenuto il primo capo di Stato “civile” della storia d’Egitto. Ex, perché il popolo di piazza Tahrir – al netto di Fratelli Musulmani e Salafiti che pure sono maggioranza politica nel Paese – non è più con lui almeno dallo scorso 22 novembre, quando Morsi ha esteso i poteri con una discussa dichiarazione costituzionale. «Dovevamo dargli l’ultimo avvertimento – afferma lo studente nasseriano Tarek Omran, di ritorno da Heliopolis, citando il motto con cui le forze di opposizione, riunite nel Fronte di salvezza nazionale, avevano battezzato l’adunata – forse abbiamo fatto qualcosa in più».Il corteo, partito da piazza Tahrir, è giunto nel tardo pomeriggio alle soglie del Palazzo presidenziale. Attivisti liberali e democratici, giornalisti, a sostegno dello sciopero messo in atto da 12 giornali indipendenti e 5 emittenti televisive nazionali, persino i veterani dell’esercito. Una folla eterogenea, che presto ha rotto il cordone della polizia, malgrado gli agenti avessero lanciato salve di gas lacrimogeni, provocando almeno una decina di feriti, nel vano tentativo di disperdere il corteo. Le forze dell’ordine si son dunque ritirate. Di qui la decisione della Guardia repubblicana di trasferire Morsi altrove, scortandolo all’interno di un mezzo blindato. «Noi resteremo qui finché non sarà ristabilita la democrazia costituzionale», scandisce Khaled Omira, ex ufficiale dell’esercito. «La bozza approvata dalla Costituente a maggioranza islamica, che non tiene conto delle molte anime religiose e sociali del Paese», spiega. Su quel testo gli egiziani saranno chiamati a pronunciarsi il prossimo 15 dicembre, in uno storico referendum costituzionale. «Nessun boicottaggio, votate “no”!» è l’appello di tutti i leader del rinnovato popolo di piazza Tahrir: dal presidente del partito Costituzionale Mohammed El Baradei ai due ex candidati alla presidenza Hamdin Sabbahi e Amr Moussa.Ma a questo punto ogni scenario sembra possibile. Se, com’è chiaro, non si tratta di una nuova decapitazione istituzionale, per il Paese che ha cacciato Hosni Mubarak l’11 febbraio del 2011, quello che è accaduto ieri al Cairo rischia di essere il primo atto di una crisi profonda a livello sociale, ancor prima che politico. Una manifestazione che, del resto, giunge all’indomani di quella oceanica organizzata dai Fratelli Musulmani all’Università del Cairo, per sostenere le decisioni di Morsi.Ieri mattina il gruppo islamico Al-Gamaa Al-Islamiya, attraverso il suo braccio politico, il partito della Costruzione e dello sviluppo, aveva rivolto un appello alle Chiese e ai cristiani d’Egitto affinché vigilassero sulle provocazioni, per evitare scontri confessionali in piazza. Una preoccupazione che ha già scavalcato l’Oceano. «Chiediamo a quanti protestano di esprimere i loro punti di vista pacificamente – ha dichiarato ieri Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato americano – e che sia consentito loro lo spazio per manifestare pacificamente». E il ministro degli Esteri italiano Terzi ha sottolineato che il processo democratico in Egitto deve «essere irreversibile».
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