giovedì 13 aprile 2017
Preghiere e celebrazioni dedicate alle vittime della duplice strage della Domenica delle Palme. Annullati i tradizionali festeggiamenti della domenica della Risurrezione
Folla davanti alla chiesta colpita a Tanta (Ansa/Ap)

Folla davanti alla chiesta colpita a Tanta (Ansa/Ap)

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Alcune cominceranno alle 8, altre alle 9, qualcuna ancora prima. Come prevede la tradizione secolare. I copti cattolici iniziano oggi il Triduo pasquale con una lunga Messa. E questa, insieme alle liturgie di domani e la grande veglia del Sabato Santo, sono state confermate. Come pure le celebrazioni programmate dai loro fratelli ortodossi. Un segno tangibile per ribadire che, anche stavolta, il terrore non l’ha avuta vinta.

Certo, il dolore per il doppio massacro della Domenica delle Palme – 46 vittime e un’ottantina di feriti – resta lacerante. E ha spinto i due Patriarcati – copto e cattolico – a cancellare, come riporta l’agenzia Fides, i momenti conviviali e i tipici ricevimenti con rappresentanti di istituzioni statali, sociali e religiose. In particolare, è stato annullato il caratteristico incontro della domenica di Pasqua, quando le porte degli edifici-simbolo della minoranza si spalancano e i fedeli vi irrompono per condividere la gioia della Resurrezione. Stavolta, però, gli uomini e le donne della comunità vogliono vivere la festa in un clima di raccoglimento e preghiera. Stretti gli uni agli altri. Fra loro. E con il resto della popolazione, in maggioranza musulmana.

«I nostri fratelli», li chiama Anba Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico emerito di Guizeh. «Dai quali – afferma in un’intervista – non vogliamo essere divisi: sono loro, e non protettori esterni, che possono difenderci da quanti seminano morte, nascondendosi dietro ideologie pseudo-religiose». Ovvero il Daesh e gruppi affiliati che cercano di conquistare spazi in Egitto. Non solo nel Sinai, dove Wilayat Sinai – la pronvincia locale del Califfato – ha le sue roccheforti. Da qui il pugno di ferro del governo. Il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha intensificato, negli ultimi mesi, le incursioni delle forze di sicurezze nella Penisola. Secondo vari analisti, il giro di vite avrebbe contribuito a scatenare la furia dei jihadisti. I quali, a loro volta, si sono accaniti su un bersaglio indiretto ma eloquente: i copti.

Dopo la carneficina, l’esecutivo ha dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi e il Parlamento l’ha ratificato martedì. Una misura – oltre che dai pesanti effetti pratici: corti speciali, divieto di manifestazioni, maggior censura – dal forte valore simbolico. Le leggi speciali erano uno dei tratti distintivi dell’era Mubarak. Dopo la sua caduta, sono state reintrodotte – solo per un mese – nel 2013, nel caos dopo la destituzione di Morsi. Ora tornano in auge di fronte alla «minaccia Daesh ». La tensione è alta. Basta camminare nelle strade per rendersene conto: polizia e militari ovunque. Le chiese copte sono blindate. Ma questo non impedisce l’entrata incessante dei fedeli. «Niente – affermano – ci toglierà la Pasqua».

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