martedì 3 aprile 2012
La Costituente è ormai in mano agli islamisti. La Chiesa copta ritira i suoi delegati per protesta. Il sinodo cristiano invoca «una rappresentanza più equilibrata delle forze», perché la riscrittura della Carta «deve essere basata sull’intesa nazionale e non sul potere in Parlamento».
Prova di democrazia di Luigi Geninazzi
COMMENTA E CONDIVIDI
​L’Assemblea costituente egiziana, che dovrà lavorare alla nuova Carta fondamentale del Paese, continua a perdere pezzi. Dopo il ritiro dei membri appartenenti al fronte politico liberale, del rappresentante della Corte costituzionale e di quelli della moschea universitaria di al-Azhar, ieri è stata la volta della Chiesa copta, che ha deciso di ritirare i suoi delegati per protesta contro un organismo considerato troppo sbilanciato in favore dei Fratelli musulmani. Nel comunicato del sinodo si invoca «una rappresentanza più equilibrata delle forze in Egitto, evitando che un’unica forza domini la riscrittura della Costituzione», che dovrebbe essere basata sull’intesa nazionale e «non sulla maggioranza parlamentare». L’Assemblea costituente, formata da 50 deputati delle due Camere del Parlamento e da 50 figure della società civile e delle istituzioni, è ora monocolore: riflette la maggioranza politica, formata dal partito Libertà e giustizia, che fa capo alla Fratellanza musulmana, e dai salafiti di al-Nur (La luce). Ora c’è attesa per la sentenza di un tribunale del Cairo sulla validità giuridica della Costituente, prevista per il 10 aprile. La scorsa settimana, l’Assemblea ha eletto come proprio presidente il numero uno della Camera bassa del Parlamento, Saad el-Katatny, esponente di spicco di Libertà e giustizia. Il voto è avvenuto nonostante l’assenza di circa un quarto dei componenti. Ad accrescere la tensione politica l’annuncio della Fratellanza musulmana di aver scelto il proprio vice presidente, Khairat al-Shater, come candidato alle elezioni presidenziali, in programma il 23 e 24 maggio. Finora la confraternita, uscita dalla clandestinità dopo le dimissioni del presidente Hosni Mubarak (11 febbraio 2011), ha sempre negato di voler correre per la presidenza. Ma da tempo la stampa liberale riferisce di un accordo fra giunta militare e islamisti per la spartizione del potere. Accettando la prestigiosa investitura, al-Shater si è dimesso dalla sua carica «per concentrarsi sulla campagna elettorale». Ora la confraternita è impegnata a chiarire la posizione di al-Shater di fronte alla legge: in prigione sotto Mubarak (dal 2007 al 2011) per aver contribuito all’organizzazione di milizie paramilitari, adesso il candidato sostiene di aver recuperato diritti civili e politici. Intanto, fra i candidati già usciti allo scoperto, l’ex segretario generale della Lega araba, Amr Mussa, risulta in testa nei sondaggi del centro al-Ahram di studi politici e strategici del Cairo. La previsione di voto per Mussa è del 31,5%. Al secondo posto il predicatore salafita e avvocato Salah Abu Ismayl, al 22,7%. Al terzo posto l’ex premier Ahmed Shafiq, al quarto, con il 9,2%, Omar Suleiman, ex numero uno dei servizi segreti e braccio destro del raìs Hosni Mubarak. Seguono l’ex esponente dei Fratelli Musulmani, Abdel Muniam Abu al-Futuh, con l’8,3%, e al-Nasri Hamdin Sabahi (4,9%), ex deputato e presidente del partito al-Karama (La Dignità). Per il sondaggio, condotto tra il 25 e il 29 marzo scorso, sono state interpellate 1.200 persone di diverse aree egiziane prima della candidatura di al-Shater.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: