venerdì 2 marzo 2012
Il muro di omertà che circonda gli orrori nella penisola inizia a sgretolarsi. E Solomon, il giovane eritreo sfuggito ai predoni, è in salvo al Cairo. Nel 2010 l’allora governo Mubarak davanti ai primi allarmi sulle brutalità nella regione aveva negato tutto L’attuale esecutivo ha consegnato invece alla Ashton (Ue) un testo in cui riconosce l’esistenza della tratta. (Paolo Lambruschi)
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​Il muro di omertà che circonda gli orrori e i misteri del Sinai inizia a sgretolarsi. Infatti Solomon, il giovane testimone oculare eritreo sfuggito 15 giorni fa ai predoni beduini, è in salvo al Cairo, nelle mani dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. E per la prima volta il ministro dell’Interno egiziano ha ammesso davanti alla delegazione Ue, sollecitata da un’interrogazione dell’europarlamentare del Pd Debora Serracchiani, l’esistenza di un traffico di esseri umani ai danni di migranti subsahariani (soprattutto eritrei e sudanesi del Darfur) nel deserto della Bibbia. Dunque Solomon, che dopo la fuga era stato accolto e nascosto da uno sceicco salafita – nemico dei predoni per il controllo del territorio – è stato rocambolescamente salvato dall’Ong Gandhi, che aiuta i profughi eritrei grazie anche al contributo di diocesi e ordini religiosi, che lo ha trasportato al Cairo in auto travestito da beduino. Sulla sua testa i banditi avevano messo una taglia di 50mila dollari. Conosce infatti i dettagli dei rapimenti, dalle rotte ai pagamenti alle torture compiute dalle spietate bande criminali del Sinai e ha visto molti orrori. Vale a dire uccisioni, torture, stupri, e un sacchetto contenente organi umani che conferma la fine che tocca a chi non paga il riscatto. Una tragedia che molti media, tra cui <+corsivo>Avvenire<+tondo>, denunciano da 15 mesi. Nel novembre 2010, l’allora governo Mubarak, davanti ai primi allarmi lanciati da questo giornale, aveva negato tutto, lamentando la presunta interferenza di non meglio precisate agenzie religiose. Ma ora il vento pare cambiato. Ieri a Bruxelles la baronessa Caterine Ashton, Alto rappresentante per gli Affari esteri della Commissione Ue, ha comunicato a Debora Serracchiani la risposta del nuovo esecutivo del Cairo, che contiene una prima, significativa ammissione. Il ministero dell’Interno ha riconosciuto che i rifugiati subsahariani sono vittime di bande coinvolte nel traffico di esseri umani. Il governo guidato dal primo ministro Al-Ganzouri nominato il 7 dicembre 2011 ha inoltre promesso più attenzione al Sinai, definito «priorità strategica». «Ciò fa sperare – scrive la Ashton – che la lotta alla criminalità organizzata venga intensificata e che le autorità egiziane mostrino un maggior impegno nell’affrontare la questione dei profughi tenuti in ostaggio dai trafficanti del Sinai». Al momento nessuna speranza, invece, per un caso di cui ci siamo occupati a novembre, quello dei profughi eritrei e sudanesi detenuti nelle carceri egiziane, spesso catturati dopo essere stati liberati dai beduini cui hanno pagato il riscatto e che il Cairo rimpatria a forza. Infatti li considera «infiltrati» entrati illegalmente alle frontiere e che non hanno chiesto asilo alle autorità o all’Alto commissariato per i rifugiati. Al quale, però, l’Egitto nega l’accesso alle strutture di detenzione fuori dalla capitale.Resta da vedere cosa faranno le forze di sicurezza del Cairo per stroncare le attività criminali delle milizie beduine, ben armate e in grado di controllare il territorio gestendo contrabbando, traffico di armi, droga ed esseri umani. Attività da mezzo miliardo di dollari. E resta da vedere anche cosa sa Solomon sulla rete dei trafficanti del Sinai, che ha complici tra ufficiali e funzionari pubblici di almeno tre Stati: Eritrea, Sudan ed Egitto. Rete delineata da un recente rapporto della commissione internazionale Icer con nomi e numeri di cellulare dei predoni che si sviluppa dall’Eritrea, lo Stato-caserma dal quale i giovani fuggono per evitare il servizio militare a vita, e si ramifica nei campi profughi Onu in Etiopia e Sudan. Qui i criminali e i loro complici subsahariani offrono loro il sogno di un futuro in Israele che si trasforma in un incubo nel Sinai. Sono ancora da svelare, infine, i nomi delle menti che hanno progettato la mostruosa trappola nella quale sono caduti finora almeno 10 mila migranti. Forse Solomon, teste scomodo, può dare la svolta.
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