sabato 26 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Due esecuzioni nel giorno del Venerdì Santo. Per quanto accada nel lontano (culturalmente) Giappone, la coincidenza impressiona. Così come non lascia indifferenti la modalità di questa uccisione di Stato: l’impiccagione. I detenuti vengono avvertiti un’ora prima. Poi, incappucciati e bendati, sono messi sopra una botola che viene aperta all’improvviso. Negato l’ultimo incontro con un volto caro: i familiari vengono avvertiti a esecuzione avvenuta. Chi erano i condannati? Junko Oshida, ex infermiera di 56 anni. Avrebbe ucciso due persone per ricevere il premio dell’assicurazione sulla vita. E Yasutoshi Kamata, 75 anni, serial killer. Fra il 1985 e il 1994 ha ucciso cinque persone, fra le quali una bambina di 9 anni. Per chi si macchia di omicidio, l’opinione pubblica nipponica non accetta clemenza. Né lascia speranze il premier Shinzo Abe, sotto il cui governo le esecuzioni sono aumentate, arrivando a 16 dal dicembre 2012, quando il Partito Liberal Democratico è tornato al potere. Il ministero della Giustizia sbandiera un primato: è riuscito a dimezzare il tempio medio tra condanna definitiva e impiccagione. Ora è di 5 anni e 7 mesi. Dieci anni fa era il doppio. Il 18 dicembre 2014 Tokyo ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Si leva dunque come la voce di uno che grida nel deserto l’appello del vescovo di Niigata, e presidente di Caritas Asia, Tarcisio Isao Kikuchi che, tramite AsiaNews, chiede al governo Abe di ascoltare le parole di papa Francesco in difesa di ogni vita umana. «In questo periodo sacro per noi cristiani che è il Triduo pasquale, e in modo particolare nel giorno del Venerdì santo – scrive – è triste venire a sapere che il governo giapponese ha eseguito la sentenza di morte nei confronti di due persone». «È vero – constata –: il Giappone non è una nazione cristiana». Eppure «il 19 marzo, il ministro giapponese degli Esteri Kishida ha fatto visita alla Santa Sede» e «ha invitato il Santo Padre a visitare il Giappone». «Quando penso alla serietà e all’insistenza con cui questo governo invita papa Francesco in Giappone – conclude il vescovo – rimango sorpreso nel vedere la tempistica delle esecuzioni». Nel braccio della morte ci sono, ad oggi, 124 condannati in attesa dell’ultima chiamata. © RIPRODUZIONE RISERVATA Shinzo Abe (Epa)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: