venerdì 6 settembre 2013
Sorrisi ai fotografi ma gelo tra Putin e Obama. La Cina: «Soluzione politica». Il segretario Onu Ban Ki-moon e Letta plaudono alla lettera di papa Francesco. Il​ premier italiano impegnato nella mediazione: «Non ci può essere impunità per Assad, però noi rifuggiamo ogni unilateralismo».
INTERVISTA Il generale Serra: l'Unifil è pronta a tutto di Giorgio Ferrari 
I PROFUGHI FOTO (Avsi)VIDEO (Acnur)
TWITTER DIARIO DALLA SIRIA di Giorgio Ferrari
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Freddezza fra le due superpotenze persino nel cerimoniale di questo G20 di San Pietroburgo sulla crisi economica ma monopolizzato, di fatto, dalla Siria.E la distanza tra Cremlino e Casa Bianca è subito apparsa ben più ampia di quella fra le sedie dei due capi di Stato: previste quasi affiancate, le postazioni dei due leader sono state messe a debita distanza. Nessun incontro bilaterale fra Obama e Putin, nessun faccia a faccia informale, ma solo una gelida stretta di mano. Assieme solo una cena di lavoro con tutti gli altri leader mondiali per mettere a fuoco i nodi del dibattito siriano che sarà affrontato solo quest’oggi. Chi, invece, ha incontrato ieri sia Putin che Obama è stato il premier Enrico Letta che in apertura del summit ha invitato a «prendere sul serio la lettera del Papa» scritta ai leader del G20. Letta ha pure incontrato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon che ha definito la giornata di preghiera per la Siria indetta da papa Francesco «un contributo importante e utile» alla pace.Così quella di oggi a San Pietroburgo pare un’ultima occasione negoziale che parte, però, da premesse difficili, se non proibitive. Per la Casa Bianca il regime siriano è «responsabile» e il summit serve a capire «quale tipo di sostegno politico e diplomatico» gli alleati e i partner «possano dare ai nostri sforzi». La Casa Bianca comunque è «altamente scettica» sulla possibilità che la Russia possa cambiare posizione al Consiglio di sicurezza dove, parole dell’ambasciatrice Samantha Power, «la Russia tiene in ostaggio l’Onu». E gli Stati Uniti, altra indiscrezione del lungo pomeriggio di consultazioni, non sono disposti a un «dibattito senza fine» sulle prove sull’uso di armi chimiche. Così, quasi preconizzando un nulla di fatto a San Pietroburgo, il presidente Obama sempre più isolato starebbe pensando a una dichiarazione ufficiale sulla Siria dallo studio ovale della Casa Bianca. Il premier britannico Cameron, messo all’angolo dal suo Parlamento, ha invece annunciato di essere in possesso di nuove prove sull’utilizzo di armi chimiche a Damasco. Alcuni «campioni sono stati esaminati» da esperti presso i laboratori di Porton Down, in Inghilterra. Apertamente con Obama solo la Francia e la Turchia. Da parte del Cremlino, invece, nessun cenno a una apertura diplomatica – ipotizzata nei giorni scorsi – per giungere a una condanna dell’uso delle armi chimiche in Consiglio di sicurezza. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si è limitato a constatare che le relazioni con gli Usa «stanno attraversando un momento difficile», non all’altezza del “reset” avviato negli anni scorsi. Chiaramente allineata con Mosca la Cina che ha dato la sua disponibilità a discutere solo per una «soluzione politica».Ma le difficoltà per Obama giungono anche da Paesi latinoamericani. Il presidente messicano, Enrique Peña Nieto, ha chiesto a Barack Obama un’inchiesta sugli elementi raccolti dall’intelligence Usa a sostegno dell’accusa contro il regime siriano per l’uso dei gas nell’attacco del 21 agosto scorso a Damasco. Sempre ieri la presidente brasiliana, Dilma Rousseff, ha annullata una missione preparatoria del suo previsto viaggio di Stato a Washington del 23 ottobre perché gli Stati Uniti non hanno ancora fornito al Brasile spiegazioni sui casi di spionaggio fatti emergere dalla “talpa” del Datagate, Edward Snowden. Segnali di un possibile asse di Cina e degli altri Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), con Mosca a fare architrave. Pieno sostegno alla soluzione politica è giunta pure dai rappresentati dell’Ue ieri a San Pietroburgo: «Non c’è soluzione militare per la Siria, ma solo politica», ha avvertito Van Rompuy, presidente del Consiglio Ue. Dello stesso avviso il presidente della Commissione Barroso. Articolata la posizione del primo ministro italiano Letta, impegnato in prima persona nella mediazione fra le due superpotenze: la condanna ad Assad deve «essere inequivoca», non ci può «essere impunità», ha affermato. «Dobbiamo trovare forme e modi affinché la sanzione ci sia. Non si può far finta di niente», ma la posizione dell’Italia «rifugge gli unilateralismi». Per questo serve un via libera dell’Onu. In questo contesto «l’atteggiamento di Obama è positivo e intelligente, di cercare il più possibile forme di riflessioni comune». Il presidente del Consiglio ha precisato che non c’è «nessuna freddezza» tra l’Italia e gli Stati Uniti ritiene possibile che «si trovi un’intesa». Cambi di «scenari improvvisi, anche sorprendenti» potrebbero ancora esserci.
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