martedì 15 marzo 2022
Arduino Paniccia (Asce): «30 anni fa era una coda della Guerra fredda, ora è scontro tra democrazie liberali e autocrazie: serve tempo per aprire una trattativa di alto livello fra le potenze»
«Dopo il conflitto nei Balcani l'Est non si è mai stabilizzato»
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Da «operazione militare» lampo, nei piani di Mosca, a guerra con assedio alle città: in due settimane la guerra in Ucraina è diventato questo. Arduino Paniccia, presidente della Scuola di guerra economica e competizione internazionale (Asce) di Venezia, il parallelo con la crisi nei Balcani degli anni ’90 si impone quasi naturalmente...

La vicenda della ex Yugoslavia e l’attuale crisi in Ucraina dimostrano come quella fascia dell’Europa orientale che va dal Mar Baltico al Mar Nero, non abbia mai trovato una vera collocazione all’interno dell’Europa: dopo la guerra nei Balcani sei Paesi sono ancora in attesa di adesione all’Ue, sospesi in un limbo in cui si stanno infilando scontri etnici e politici. La crisi dei Balcani era sostanzialmente una coda della Guerra fredda, ora abbiamo una guerra tra le democrazie liberali e il blocco euroasiatico delle autocrazie: la Ferderazione russa è l’aggressore ma dietro c’è il Gruppo di Shanghai e in particolare la Cina.

Una nuova crisi ai confini della Nato: allora fu l’Alleanza ad assumere l’iniziativa. Ora la situazione pare molto più complessa. Se questa faglia rivela lo «scontro tra sistemi», come intervenire?

Serve una strategia del doppio binario: tener conto delle esigenze tattiche operative sul campo, nello scontro militare e dall’altro lato – quello prioritario – non lasciare assolutamente cadere il negoziato che è sempre determinante. Il leader del Cremlino ha un problema strategico con i cinesi: il tempo non gioca a favore della posizione militare russa che ha moltissime smagliature come anche l’obiettivo non risponde a quello che era il piano originario. Nel medio periodo le sanzioni colpiranno duramente la Federazione russa ma anche l’impianto sostenuto dalla Repubblica popolare cinese. La Cina ha vissuto di progetti economici sulla via della seta e benché anche potenza militare, ha lasciato il compito di «poliziotto cattivo » alla Federazione russa. Con queste sanzioni dure e la politica russa, la posizione della Cina non è così limpida: andare a una rottura frontale con l’Occidente, romperebbe la decennale strategia economica di Pechino. Si deve avere un tempo giusto per trattative di alto livello che riguardano le grandi potenze, non solo l’Ucraina.

Spaventa, però, nel «breve tempo», l’assedio delle città. Come aiutare i civili ucraini intrappolati nei bombardamenti?

Molti sono scettici, ma io sono dell’idea che il sostegno anche militare vada continuato perché il sacrificio della resistenza dell’Ucraina è un valore e perché le potenze sono riluttanti ad avviare un negoziato. Far stravincere Putin non migliorerebbe la situazione, anzi: questo ci mette in grande attenzione, ma dobbiamo aiutare anche militarmente l’Ucraina per giungere alle trattative.

Su quali assi si potrebbe muovere un negoziato di Usa e Ue con Mosca e Pechino?

La negoziazione, dopo un massacro di queste entità, deve partire dalle indicazione della Sante Sede coinvolgendo le potenze su argomenti che in questi anni abbiamo trascurato: aver fatto cadere tutti gli accordi sui missili balistici, sulle armi ipersoniche, sulle armi proibite è stato un errore. L’Ucraina va inserita in uno scenario più grande e questa è l’arte del negoziato.

È realistica la soluzione di una Ucraina neutrale rispetto alla Nato e affiliata alla Ue?

Questa è una soluzione che assomiglia all’arte del negoziato ma ha un limite. Putin vedrebbe risolto il problema Ucraina, ma non si affronterebbe la contiguità della Federazione russa con i confini della Nato: un contrasto che si può riaprire sul Bosforo, ad esempio, o sul Baltico. La neutralità è una pezza fredda su un nocciolo nucleare in evoluzione. In questo grande scenario sarebbero pure da ridefinire i rapporti euro-atlantici.

Il Papa ha chiesto di «fermare il massacro». Quale può essere il ruolo di noi semplici cittadini?

Non farsi travolgere dalle pur forti emozioni ma trovare le condizioni per una tregua e una salvezza per chi è intrappolato nei combattimenti. In passato abbiamo lasciato acriticamente che il «salvatore contro i terroristi» fosse Putin, lo abbiamo lasciato fare in operazioni durissime, e ora vediamo il volto del killer. La stabilizzazione delle terre dal Baltico al Mar Nero deve essere ripresa, più ancora che dalla Nato – alleanza difensiva – nelle mani dell’Europa.

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