sabato 11 gennaio 2014
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Dobbiamo aspettarci un caso Dieudonné anche Italia? «Per il momento è troppo presto, ma non mi stupirei se, fra qualche mese, qualcosa di simile accadesse anche da noi», risponde la storica Anna Foa, che alle vicende dell’ebraismo nel mondo contemporaneo ha dedicato molti dei suoi studi. «Il problema – prosegue – è che i segnali di ritorno dell’antisemitismo si stanno moltiplicando. Si va dalla moda asiatica del “nazi-chic”, di cui Avvenire si è già occupato, al successo, fino al successo che sta riscuotendo la traduzione inglese del Mein Kampf in edizione e-book. Tutto questo, devo ammetterlo, ha qualcosa di impressionante. E di molto preoccupante, purtroppo». La vicenda francese riveste comunque un valore particolare, per una serie di motivi che Anna Foa così riassume: «In primo luogo bisogna riconoscere che non si tratta di un Paese innocente per quanto riguarda la storia del pregiudizio antisemita. Basta ricordare l’affaire Dreyfus, che costituisce un precedente non solo simbolico rispetto alle persecuzioni susseguitesi nel XX secolo. Allo stesso tempo, però, in Fancia è oggi in vigore una legge che persegue in modo molto severo il negazionismo. Quello legislativo è uno strumento sulla cui utilità, personalmente, nutro molte riserve, così come giudico inopportuno il ricorso alla censura preventiva per quanto riguarda lo spettacolo di Dieudonné. Ci troviamo davanti a un personaggio che si muove sul margine estremo della libertà di espressione, è evidente, ma proprio per questo il comico dovrebbe essere chiamato a rispondere su elementi specifici. Molte sue frasi costituiscono un esplicito incitamento alla violenza, per accorgersene però non occorreva aspettare la vigilia della messa in scena: era sufficiente guardare qualche video sul web e avviare un’azione legale conseguente. Ricorrere a una censura dell’ultimo momento è una scelta infelice, anche perché, dopo essere stato adottato anche una sola volta, il dispositivo censorio può essere poi usato in altre circostanze. Senza dimenticare che, nell’immediato, si provoca l’effetto perverso di legittimare una figura come quella di Dieudonné, che già si comporta come se fosse al di sopra della legge».
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