venerdì 15 aprile 2022
«In un bunker eravamo in 500, con solo sei bagni a disposizione E le bombe cadevano ogni cinque minuti»
«Da bere c'è solo la neve. Bambini morti per fame»

Ansa

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«A Mariupol i corridoi umanitari sono quasi inesistenti, perché i militari russi non informano le persone chiuse nei rifugi. L’unico modo per uscire e andare in Crimea o Russia, dove alla frontiere alcuni ci dicono di essere stati umiliati e costretti a stare nudi di fronte ai soldati. Nella città manca cibo e continuano il saccheggio dei negozi mentre molti sono stati costretti a bere acqua di neve. I primi a morire sono i bimbi più piccoli, per la fame ».

È quanto riferiscono alcuni rifugiati di Mariupol – giunti a Dnipro da una settimana – in un centro di accoglienza. Anche ieri sono stati nove i corridoi umanitari «concordati » tra le autorità russe e quelle ucraina per consentire ai civili di lasciare Mariupol, Berdyansk, Tokmak ed Enerhodar. Pochi però – denunciano fonti umanitarie – ne hanno potuto approfittare. Le voci, raccolto dalle agenzie, testimoniano tutte “il mese d’orrore” vissuto dalla cittàmartire. Un mese di paura e morte iniziato quel maledetto 24 febbraio. «Siamo stati svegliati alle 5:22 da una grande esplosione.

Abbiamo scoperto che una granata era caduta su una casa a 4 chilometri da noi. Quel giorno abbiamo deciso di correre al rifugio antiaereo », racconta Daria. In quel bunker, la situazione si faceva sempre più difficile. «C’erano 500 persone, ma solo 6 bagni. Le condizioni igieniche erano intollerabili. I bambini hanno cominciato a stare male, poi anche gli adulti. I negozi ormai erano chiusi, e in città sono iniziati i saccheggi», continua. Il 23 marzo la decisione di provare a scappare, a ogni costo, tra strade sventrate e auto carbonizzate. «Ogni 5 minuti – racconta ancora Daria – c’era un bombardamento sull’acciaieria Azovstal, alla nostra sinistra, e su quella Ilych, alla nostra destra, dall’altra parte del fiume.

Dovevamo arrivare sull’altra sponda. Prima c’erano 5 ponti. Uno dopo l’altro, li abbiamo trovati distrutti. Per fortuna, l’ultimo, quello d’emergenza, era ancora mezzo intatto». Il 25 marzo, infine, trovano un passaggio per Zaporizhzhya. La fuga di Vlad, giornalista di 26 anni, è iniziata il 20 marzo, quando, racconta, «undici bombardamenti hanno colpito il nostro palazzo di notte». Da Mariupol, è finito con la famiglia nelle zone controllate dai russi nella regione di Donetsk. Tornare nell’area in mano ai governativi in Ucraina, dice, era impossibile. E così la loro vita da profughi è iniziata in terra nemica, prima a Rostov sul Don, poi a Mosca, finché hanno trovato un passaggio per la Finlandia. E, finalmente, la salvezza lontana dall’orrore.

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