martedì 15 gennaio 2013
​In vigore da ieri le nuove norme migratorie. Sarà sufficiente il passaporto per lasciare l'Isola, i cubani non dovranno più richiedere la “tarjeta blanca”, l'autorizzazione del regime per lasciare l'isola. E anche i “disertori” potranno rientrare.
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​Le prime code di fronte ai Dipartimenti di immigrati e stranieri, all’Avana, si sono formate all’alba di domenica. Per alcuni rimarrà solo un «sueño»: viaggiare è ancora troppo caro per un Paese in cui lo stipendio medio mensile è di 20 dollari. Ma la possibilità ora c’è, almeno in teoria. Da ieri i cubani possono uscire dall’isola senza richiedere la famigerata «tarjeta blanca», l’autorizzazione del regime: non serve più neppure la lettera d’invito, basta il passaporto. La riforma migratoria entrata in vigore da una manciata di ore ammorbidisce le rigidissime regole imposte a partire dal 1961 da Fidel Castro: oltre alla scomparsa del permesso di “uscita”, viene ampliato il periodo di permanenza all’estero da 11 a 24 mesi senza proroghe ufficiali. Uno spiraglio si apre anche per i cosiddetti “disertori”, i cubani che hanno abbandonato il Paese illegalmente, compresi medici e sportivi: potranno rientrare per 90 giorni, con possibilità di prolungare la visita fino a sei mesi. Non è ancora chiaro quale sarà la portata reale della riforma: il timore dell’opposizione è che la concessione del passaporto diventi il nuovo “filtro” politico. Il governo ha già anticipato che potrà negare il documento per ragioni di «interesse pubblico» o di «difesa e sicurezza nazionale». Ma una buona notizia arriva dalla blogger Yoani Sánchez, alla quale la “carta bianca” è stata negata una ventina di volte: le autorità le hanno già annunciato che otterrà il suo passaporto in 15 giorni e potrà recarsi all’estero, ha scritto via Twitter. «Non ci credo ancora!» ha detto con entusiasmo l’oppositrice: «Dopo 20 no, il sì sembra ora vicino».Elizardo Sánchez, ex detenuto politico e difensore dei diritti umani, teme però che resterà in piedi «una politica discriminatoria nei confronti di coloro che non appoggiano il governo». Contro eventuali fughe di cervelli, inoltre, le autorità potranno sempre imporre dei limiti per i medici o professionisti nel campo dell’educazione o atleti considerati “vitali”. Nonostante i dubbi, la novità genera speranza. Per molti la sola idea di poter oltrepassare i confini nazionali regolarmente, uscendo dalla superficie di 110mila chilometri quadrati dell’isola, era pura immaginazione fino a poco tempo fa. Quali saranno i possibili effetti della riforma? I primi interessati sono gli Usa: è probabile un aumento dell’emigrazione, anche se gli esperti non prevedono esodi veri e propri. L’85% dei cubani che vivono fuori dall’isola (1,4 milioni in totale) risiedono negli Stati Uniti, in particolare in Florida. Resta comunque l’ostacolo dell’ingresso in altri Paesi: il visto non è affatto scontato. Quest’ultima riforma si aggiunge alla lista di modifiche e novità legislative approvate da Raul a partire dal 2008, quando il minore dei fratelli Castro assunse le redini dell’isola, dopo la malattia del “líder máximo”. La prima apertura fu quasi simbolica: la fine dell’«apartheid turistico». Ai cubani nel marzo del 2008 venne concesso il permesso di entrare negli hotel per stranieri, condividere con loro le stesse spiagge e anche i ristoranti con menù in dollari. Poi arrivarono l’usufrutto delle terre, il libero commercio di elettrodomestici, la riforma del lavoro.
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