venerdì 25 febbraio 2022
Dopo la disastrosa giornata di ieri i mercati reagiscono valutando le sanzioni della comunità internazionale contro la Russia
Borse europee in ripresa dopo il crollo di ieri legato all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia

Borse europee in ripresa dopo il crollo di ieri legato all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia - Ansa

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Le Borse europee avviano la seduta in netto rialzo, dopo il tonfo della vigilia con l'invasionedell'Ucraina da parte della Russia. Gli investitori stanno valutando le sanzioni decise dalla comunità internazionale nei confronti della Russia, ritenute meno forti del previsto. Il rimbalzo però è meno forte del previsto, mentre il prezzo del petrolio prosegue la corsa e il gas è in flessione. L'indice d'area stoxx 600 avanza dello 0,9%.Tonica Londra (+1,4%). In terreno positivo anche Parigi (+0,8%)e Francoforte (+0,6%), dopo i dati su inflazione e Pil, e Madrid(+0,3%). Gira in calo Milano (-0,2%). I listini sono sostenutidalle utility (+1,7%) che guardano al calo del prezzo del gas. Ad Amsterdam il prezzo scende del 24% a 102 euro al Mwh . In flessione del 24% anche le quotazioni a Londra che scendono a 243 penny al Mmbtu. Prosegue in rialzo il prezzo del petrolio. Il wti sale a 94,16dollari al barile (+1,4%) e il Brent a 100,86 dollari (+1,8%).

La giornata di ieri. Il bilancio, a fine seduta, è pesante su quasi tutti i fronti finanziari, dalle Borse ai prezzi delle materie prime energetiche ed alimentari, schizzati alle stelle, dai mercati dell’Estremo Oriente per arrivare in apertura di seduta fino a Wall Street, che ha però recuperato nel finale, dopo le parole del presidente Joe Biden, chiudendo addirittura in rialzo. Le sole Piazze europee, con ribassi vicini al 4%, hanno virtualmente bruciato 330 miliardi di capitalizzazione. Il contraccolpo più pesante è stato registrato però a Mosca, dove l’indice Rts in dollari, più volte sospeso per eccesso di ribasso e di fatto congelato, ha chiuso in calo teorico di quasi il 35%, il maggior crollo della sua storia, mentre il rublo ha ceduto circa il 5% rispetto all’euro e il 7% sul dollaro. È stata soprattutto una giornata da panico per i titoli di Stato russi e ucraini: il bond a 10 anni di Mosca ha segnato un rendimento in crescita di oltre 400 punti al 15,2%, quello di Kiev è schizzato di ben 778 basis point a un tasso del 22,1%. Insomma: l’attacco militare russo, partito la scorsa notte, ha colto di sorpresa anche analisti e operatori finanziari, che fino al giorno precedente concordavano – e probabilmente speravano, stando alla stragrande maggioranza dei report diffusi – sul fatto che il presidente russo Vladimir Putin non avrebbe invaso con le proprie truppe il territorio ucraino. La Borsa di Milano, molto esposta con i titoli bancari verso la Russia, alla fine ha lasciato sul terreno il 4,1%, scendendo sotto quella che che gli operatori definiscono una 'soglia psicologica', i 25.000 punti dell’indice Ftse Mib, ed è così tornata sui valori di luglio 2020. Non è stato tuttavia uno dei tracolli maggiori per Piazza Affari: il 3 marzo di due anni fa, all’esplodere della pandemia, il Ftse Mib aveva perso addirittura il 16,9%. Nessun effetto choc, invece, sui rendimenti dei titoli di Stato europei. Anzi: il differenziale fra i Btp italiani e i Bund tedeschi, il famoso spread, si è ridotto a 164 punti. Certo, gli investitori, in cerca di asset rifugio, stanno comprando bond governativi oppure oro, che ieri ha lambito i 1.950 dollari l’oncia, a discapito delle azioni – a eccezione di quelle dell’industria militare, in rialzo – con conseguente compressione dei tassi. Ma a influire sulla curva dello spread sono state pure le parole del governatore austriaco Isabel Schnabel secondo cui, dopo l’attacco all’Ucraina, la Bce potrebbe rallentare il piano di uscita dal programma di stimoli all’economia e allontanare quindi la stretta monetaria su cui a gennaio aveva iniziato a ragionare. Anche perché l’impatto immediato e più destabilizzante del conflitto non è tanto quello sui mercati finanziari, ma sul costo dell’energia, essendo la Russia il primo fornitore di gas dell’Europa nonché un grande esportatore di petrolio.

E l’energia alimenta l’industria e dunque l’economia reale. Ieri il future Ice Ttf di Amsterdam, riferimento per il prezzo del metano europeo, ha chiuso le contrattazioni con un balzo del 51,1% a 134,3 euro per megawattora. I contratti sul Brent, petrolio del mare del Nord, hanno toccato invece i 105 dollari al barile. E non sarebbe ancora il picco: la società di analisi Capital Economics vede addirittura il prezzo salire a 140 dollari se la situazione in Ucraina continuasse a peggiorare. Il Paese invaso dall’esercito russo è invece il quinto esportatore mondiale di grano e il quarto di mais: ecco perché i prezzi dei due cereali hanno raggiunto ieri il massimo storico, rispettivamente a 318 e 285 euro per tonnellata, con rialzi dell’11 e del 6%. Tornando al petrolio, il prezzo di quello americano ( Wti) non ha superato i 93 dollari. Gli Usa sono del resto indipendenti sul fronte energetico e tale posizione si è riflessa anche in Borsa, dove a fine seduta l’indice Dow Jones ha chiuso positivo (0,2%) e il Nasdaq addirittura in forte rialzo (+3,35%).

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