sabato 2 aprile 2011
La strage - denuncia il Comitato internazionale citato dalla Bbc - è avvenuta in un unico quartiere della cittadina di Duekoue. Il presidente Gbagbo sotto assedio. Ad Abidjan assassinata da un proiettile vagante una funzionaria svedese. Un insegnante francese colpito a Yamoussoukro. Circa 150 preti sono stati portati in salvo da funzionari delle Nazioni Unite.
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Almeno 800 persone sono rimaste uccise in un unico quartiere della cittadina di Duekoue in Costad'Avorio questa settimana, denuncia il Comitato internazionale della Croce rossa citato dalla Bbc. Una delegazione della Croce rossa ha visitato Duekoue giovedì e venerdì per raccogliere elementi su quanto sembra sia avvenuto martedì, il frutto di violenza interetnica. «Questo incidente è particolarmente scioccante per le sue dimensioni e per la brutalità degli assassini», ha dichiarato il capo della delegazione.Circa 150 preti che erano rimasti bloccati nel grande seminario di Anyama a nord di Abobo, quartiere "caldo" di Abidjan controllato da miliziani pro-Alassane Ouattara, sono stati portati in salvo da funzionari delle Nazioni Unite e condotti alla cattedrale Saint Paul di Abidjan. Lo conferma all'agenzia Misna Guillaume Ngefa, responsabile della sezioni per i diritti umani della missione delle Nazioni Unite (Onuci). «Abbiamo recuperato i religiosi e i cinque autobus che membri del cosiddetto "Comando invisibile" avevano sequestrato martedì quando si è verificato anche il rapimento di Richard Kissi, prete ivoriano e direttore diocesano di Caritas nella capitale economica».«La maggior parte dei religiosi, tra cui non solo ivoriani ma anche burundesi, congolesi e di altre nazionalità, sono stati trasferiti, mentre alcuni di loro sono rimasti per sorvegliare il grande seminario internazionale, punto di riferimento per molti abitanti della zona, e per fornire un minimo di assistenza alla popolazione locale» aggiunge, confermando che nel quartiere la situazione «è estremamente volatile».Fin dai primi scontri nei due quartieri di Anyama e Abobo (pro-Ouattara) «la gente ha abbandonato le proprie abitazioni e chiesto accoglienza presso le missioni cattoliche dove si sente più al sicuro» hanno confermato fonti della Misna sul posto, secondo cui, in queste ore, le popolazioni sono rinchiuse dentro casa, temendo gli scontri ma anche rappresaglie e saccheggi.La tensione non è mai stata così alta nella capitale economica ivoriana, Abidjan. Da mercoledì notte il palazzo presidenziale è sotto assedio, accerchiato dalle Forze repubblicane (Frci) del leader dell’opposizione Alassane Ouattara. «Sono arrivati stanotte, verso l’una e mezza – ha confermato ieri alla Misna padre Dario Dozio, provinciale della Società delle missioni africane – Abbiamo sentito pesanti cannonate che hanno fatto tremare la casa e ci siamo svegliati di soprassalto». Il presidente uscente, Laurent Gbagbo, di cui non è stata ancora resa nota l’esatta ubicazione, non sembra però voler cedere il potere. «Secondo i suoi principi, Gbagbo non se ne andrà fino alla fine – ha assicurato alla stampa Alain Toussaint, il consigliere europeo di Gbagbo intervistato ieri a Parigi – Non ha nessuna intenzione di lasciare, per questo nelle prossime ore proporrà in televisione il piano per un’opposizione armata». Per molti è invece ormai la fine della presidenza di Gbagbo, spinto dalla timida Unione Africana ad «arrendersi immediatamente».Secondo gli analisti, però, il peggio potrebbe ancora arrivare. Sono migliaia i sostenitori di Gbagbo che girano armati per la città in cerca di vendetta. «C’è il rischio che Abidjan si trasformi in un bagno di sangue – ha commentato Mahamat Amadou, giornalista dell’emittente britannica Bbc – Anche con la fuga di Gbagbo, i suoi alleati potrebbero scontrarsi con quelle frange più indisciplinate delle forze di Ouattara». Sebbene gran parte dell’apparato militare e poliziesco abbia lasciato il presidente per arruolarsi nei ranghi dell’opposizione, sono migliaia le persone che, sotto il nome di «Giovani patrioti» sembrano voler continuare la lotta di Gbagbo. Sono quindi ore d’inferno per uno dei maggiori centri dell’economia in Africa occidentale, dove da diverse ore la popolazione civile si è rinchiusa in casa temendo il peggio, e la televisione di Stato ha cessato di trasmettere notizie. Ouattara, sostenuto dalle Nazioni Unite e dalle truppe francesi, ha avviato un coprifuoco dalle nove di sera alle sei di mattina. Nonostante ciò, non mancano le vittime. Giovedì sera ad Abidjan è stata colpita da un proiettile vagante Zhara Abidi, un’operatrice svedese dell’Onu, mentre era a casa sua sul balcone. La donna è morta ieri in ospedale per le ferite riportate, aveva solo 34 anni. Le minacce da parte delle forze di Gbagbo sono state anche dirette agli espatriati, soprattutto francesi, presenti nel Paese, tanto da costringere le truppe speciali del Quai d’Orsay in missione ad Abidjan (Licorne) ad adottare misure d’emergenza. Circa 500 stranieri sono stati trasferiti in un campo militare, e molti stanno tentando l’evacuazione attraverso l’aeroporto controllato dalla Licorne e dai caschi blu. Un insegnante di nazionalità francese è invece stato ucciso nella capitale Yamoussoukro. L’hanno dichiarato delle fonti governative da Parigi senza chiarire se la morte fosse connessa alle violenze in corso. La tanto agognata vittoria dell’opposizione ivoriana potrebbe essere solo l’inizio di un periodo ancora più cupo per la Costa d’Avorio. Matteo Fraschini Koffi
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