giovedì 10 novembre 2011
In due mesi 40 attacchi di bande armate a strutture religiose. La gente è esasperata per la disoccupazione record: le esportazioni di cacao, motore economico della nazione, stentano a ripartire Le milizie popolari non sono state disarmate.
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A sei mesi dall’insediamento del nuovo governo, la strada per la ricostruzione della Costa d’Avorio sembra tutt’altro che in discesa. La battaglia post-elettorale per il potere, vinta dal presidente Alassane Ouattara – sostenuto dalla Francia e gran parte delle Nazioni Unite – ha lasciato il Paese spaccato da profonde divisioni sociali e drammatiche condizioni economiche. La spirale di violenza non risparmia nemmeno le strutture religiose. Gli scontri armati che hanno portato le forze di Ouattara a sconfiggere i sostenitori dell’ex presidente Laurent Gbagbo, ora agli arresti domiciliari, hanno lasciato dietro di sé una popolazione povera e rabbiosa. «In due mesi e mezzo, circa quaranta chiese e case di religiosi sono state attaccate nella capitale economica Abidjan da banditi armati a scopo di rapina», ha raccontato ieri all’agenzia <+corsivo>Fides<+tondo> padre Augustin Obrou, responsabile dell’Ufficio comunicazioni per l’arcidiocesi di Abidjan. «È vero che dopo la fine della guerra civile c’è ancora un’impressionante insicurezza generale – ha continuato padre Obrou – ma il fatto che un così gran numero di luoghi di culto cattolici siano stati attaccati in così poco tempo lascia adito a sospettare che vi siano anche altre motivazioni oltre alla semplice rapina». Secondo il sacerdote non è ancora chiaro se dietro alle violenze ci siano motivazioni di carattere politico o confessionale, ma gli attacchi, che da agosto continuano tuttora in varie parti di Abidjan, sono la prova di un generale malcontento popolare. Il livello di disoccupazione è altissimo e il commercio basato principalmente sul cacao, di cui la Costa d’Avorio era il primo esportatore africano, fatica a riprendersi. «Abbiamo raccolto meno profitto di quelli che ci aspettavamo», ha dichiarato Wayne Camard, rappresentante del Fondo monetario internazionale (Imf) con cui il Paese si è accordato per cancellare il suo debito entro la fine del 2012. «Le principali ragioni di queste difficoltà sono la situazione di post-crisi e il fatto che diverse società stanno ricominciando le loro attività lentamente». Il ministero delle Finanze sta infatti discutendo una serie di riforme economiche volte ad avvantaggiare gli investitori stranieri, tornando quindi alla politica liberale praticata dal governo del primo presidente ivoriano Félix Houphouët-Boigny. Il tempo però corre veloce, e in gran parte del Paese si temono ancora violenze poiché il progetto di disarmo nei confronti di ribelli ed ex soldati non è ancora stato avviato, una mancanza che ha permesso il formarsi di milizie anarchiche difficili da controllare anche per il governo. «Dopo l’ultima crisi politica e dieci anni d’instabilità generale – ha commentato Claude Gueant, ministro dell’Interno francese in una recente cerimonia ad Abidjan dove la Francia ha donato computer e trenta veicoli blindati – è fondamentale per la Costa d’Avorio affrontare l’ovvio problema di equipaggiamenti per la sicurezza e la protezione della società civile». E proprio pochi giorni fa Papa Benedetto XVI aveva lanciato un accorato appello alla «pacificazione nel Paese» ricevendo il nuovo ambasciatore della Costa d’Avorio presso la Santa Sede.
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