martedì 26 aprile 2016
​Foto e video sui social documentano le aggressioni: gruppi armati vanno a a caccia di rifugiati e li consegnano alla polizia.
Bulgaria, così i paramilitari picchiano i profughi
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Un lottatore, sbucato da dietro un cespuglio, si avventa su un profugo scaricandogli una serie di pugni che in pochi secondi trasformano il disgraziato in una maschera di sangue. Si sentono urla, donne che implorano pietà in una lingua che nessuno comprende. Poi la videocamera del telefonino di un complice si sposta su undici persone distese: «Se vi muovete ammazziamo uno di voi». Non c’è niente di illegale, se questo accade in Bulgaria. Delle associazioni venatorie si sapeva. Ma qualcosa nella crudele caccia ai profughi che ogni giorno va in scena lungo i confini con la Turchia e, a Nord, verso Romania e Macedonia, non tornava. Nelle scorse settimane alcuni gruppi di migranti sono stati 'arrestati' da quelli che non sembravano essere dei cacciatori incidentalmen- te finiti sulla rotta dei fuggiaschi siriani. Erano uomini di DinkoValev, un lottatore semiprofessionista, a capo di alcune formazioni paramilitari che da mesi pattugliano la boscaglia. Ora Valev è stato denunciato. Ma non fermato. Con il pretesto della «protezione dei confini», i sorveglianti irregolari consegnano alla polizia i profughi entrati illegalmente, ma trattengono ogni loro bene: cellulari, tablet, vestiti, documenti, e centinaia di dollari. Il primo ministro Boyko Borissov inizialmente aveva fomentato questa campagna mostrando gratitudine per tutti quei cittadini che decidessero di «aiutare le forze dell’ordine nella difesa della frontiera». Ma poi la situazione ha rischiato di sfuggire di mano, tanto che il marziale Borissov è tornato sull’argomento precisando che ogni iniziativa «deve rimanere nell’ambito della legalità», e in ogni caso «senza l’uso della forza». Nei giorni scorsi un reportage dell’agenzia Sir ha rivelato l’esistenza di immagini e video pubblicizzati dallo stesso Dinko Valev. In uno dei filmati si vede un gruppo di migranti, tra cui alcuni bambini, costretti a sdraiarsi sulla terra, a faccia in giù, «poi legano loro le mani – riporta il Sir – mentre il capo minaccia: «Se non vi mettete tutti subito faccia a terra, ucciderò uno di voi». I paramilitari pattugliano la foresta a bordo di quad, indossano tute mimetiche e sono equipaggiati con armi da fuoco e machete. La gente di Valev spadroneggia perché può contare sulla simpatia delle autorità e su un crescente consenso. Un sondaggio di “Alfa Research” ha registrato l’aumento dei timori e la radicalizzazione dell’opinione pubblica contro l’immigrazione. Il 54 per cento dei bulgari dice di condividere gli «arresti illegali» dei profughi, un quarto si dichiara «piuttosto contrario», solo il 18 per cento ha manifestato disappunto. Un atteggiamento che mette al sicuro Dinko Valev e i suoi scagnozzi. Appena condotto in un commissariato per essere interrogato, una folla si è raccolta per inneggiare a lui, definito «eroe nazionale». Sul suo profilo Facebook, Valev si mostra alla guida di mezzi blindati, in compagnia di belle donne, imbracciando fucili e minacciando profughi. Fino ad ora a nessuno – nonostante la Bulgaria sia a tutti gli effetti un Paese dell’Unione Europea – è venuto in mente di arrestare lui e sciogliere la sua gang. Che si tratti di violazioni dei più elementari diritti umani non c’è alcun dubbio e altri filmati, che abbiamo potuto vedere nelle ultime ore, lo confermano. Stando all’intesa non scritta tra governo, associazioni venatorie e gruppi di cittadini «volenterosi difensori della patria», i gruppi autorganizzati sono invitati ad allertare le guardie di confine ogni volta che avvistano un gruppo di profughi. Ma poi, per evitare che fuggano, si arriva alle maniere forti. Tanto, nessuno li incriminerà. A ottobre 2015, come già rivelato da Avvenire, ci fu un morto. Nessun indagato e nessun colpevole. Niente di strano in un Paese nel quale nessuno sa che fine facciano i profughi aggrediti da Dinko Valev e dagli altri “cacciatori di migranti”.
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