giovedì 9 aprile 2015
Decapitazioni, stragi di massa: il Tribunale dell’Aja non potrà indagare. Lo ha spiegato lo stesso procuratore capo: Siria e Iraq non aderiscono al Trattato che l'ha istituito. 
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Se qualcuno aveva sperato che contro gli efferati crimini dei terroristi del cosiddetto Stato islamico potesse partire un’inchiesta della Corte penale internazionale dell’Onu (Cpi), resterà deluso. Proprio in questi giorni è stato fatto il paragone tra l’eccidio di Srebrenica in Bosnia e il campo siriano di Yarmuk. Invece, per quanto sta accadendo in Iraq e in Siria, per ora, il Tribunale dell’Aja resterà sostanzialmente passivo.  Lo ha spiegato ieri lo stesso procuratore capo, la gambiana Fatou Bensouda, «in risposta alle numerose richieste » arrivate al suo ufficio. Per la Bensouda le atrocità «imputate» al-l’Is sono «di indicibile crudeltà» e «indubbiamente costituiscono gravi crimini che riguardano la comunità internazionale e minacciano la pace, la sicurezza e il benessere della regione e del mondo». E tuttavia, spiega Bensouda, «sono giunta alla conclusione che la base giurisdizionale per aprire un esame preliminare della situazione è troppo ristretta a questo stadio». Questo perché «la Siria e l’Iraq non aderiscono allo Statuto di Roma, il trattato fondatore della Cpi» e dunque la Corte «non ha giurisdizione sui crimini commessi sul loro territorio». Ora, la Cpi ha facoltà anche di avviare indagini individuali contro cittadini di Paesi che aderiscono alla Corte anche fuori dal territorio dei suoi Stati membri. E, certo, «le informazione raccolte – ammette il magistrato – indicano che negli ultimi mesi si sono unite all’Is svariate migliaia di miliziani stranieri, tra cui molti cittadini di Stati membri tra cui Tunisia, Giordania, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Australia». Il problema è che il procuratore internazionale deve «concen-trarsi sui maggior responsabili dei crimini di massa», insomma non sui pesci piccoli ma sui capi. E l’Is, dice Bensouda «è un’organizzazione militare e politica primariamente guidata da cittadini iracheni e siriani», insomma i maggiori responsabili restano fuori dalla giurisdizione della Cpi. Semmai, «starà agli Stati interessati aiutare a identificare strade percorribili». Fonti Cpi spiegano che l’unica possibilità sarebbe che Siria e/o Iraq, oppure il Consiglio di Sicurezza dell’Onu conferiscano di propria volontà alla Corte la giurisdizione necessaria. Bensouda, del resto, sottolinea che, «secondo lo Statuto di Roma, la responsabilità primaria per indagare e perseguire gli autori di crimini di massa tocca, in prima istanza, alle autorità nazionali». Della serie: non state ad aspettare l’Aja per perseguire i macellai dell’Is.
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