martedì 8 novembre 2022
Messaggio di Parolin ai leader mondiali. Il grido dei Paesi poveri, più colpiti dalla crisi ambientale, al centro del dibattito. Barbados propone di tassare al 10% i profitti sul petrolio
La Cop27 si svolge nel centro congressi di Sharm

La Cop27 si svolge nel centro congressi di Sharm - Reuters

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Fissare lo sguardo sul volto umano dell’emergenza climatica. È stato questo l’invito rivolto ai 125 leader mondiali presenti alla Cop27 dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, per la prima volta presente al vertice come aderente sia alla Convenzione Onu contro i cambiamenti climatici (Unfccc) e sia all’accordo di Parigi. A rappresentare questo volto sono i sempre più numerosi profughi ambientali per cui ha chiesto accesso alla protezione internazionale. «La nostra volontà politica dovrebbe essere guidata dalla consapevolezza che o si vince insieme o si perde tutti», ha detto il cardinale Parolin. Da qui la necessità di «affrontare seriamente i quattro pilastri dell’accordo di Parigi: mitigazione, adattamento, perdita e danno (.. . ) Una questione di correttezza, equità e giustizia». Parole quanto mai attuali nella giornata in cui il grido del Sud del mondo – in senso geopolitico – è risuonato con forza. Ad aprirla è statoil vibrante je accuse di Gaston Browne, premier di Antigua e Barbuda: «I produttori di idrocarburi godono di enormi benefici a spese dell’umanità. Mentre loro fanno profitti, il pianeta brucia».
Oltre la metà dei leader che si sono alternati sul palco delle “Cop africana” – come l’hanno definita i media –, ieri, proveniva da nazioni in via di sviluppo, le più colpite dall’emergenza ambientale. Naturale, dunque, che ad occupare il centro della scena sia stato catapultato il dramma della giustizia climatica. O, meglio, dell’ingiustizia.

Responsabili di meno del 10 per cento delle emissioni globale, i Paesi più poveri soffrono le conseguenze maggiori del riscaldamento globale, in termini di vite umane e perdite economiche che si ripercuotono sulle condizioni di vita degli abitanti. Alcuni, come le “Piccole isole”, la cui alleanza è guidata proprio da Browne, rischiano letteralmente di annegare a causa dell’innalzamento degli oceani. Una morte lenta quanto inesorabile a meno di una chiara inversione di rotta e di investimenti consistenti per affrontare il nuovo scenario. «Bombardateci, sarebbe una fine migliore», ha detto il presidente di Palau, Surangel Whipps. «Come potete pretendere che riusciamo a farcela da soli?», ha aggiunto, con tono commosso, Mina Muhammad Shehbaz, premier del Pakistan, nazione messa in ginocchio da lle recenti alluvioni, che alla Cop guida il Gruppo dei 77 (in cui in realtà si collocano 134 nazioni). Il duello è, dunque, cominciato. E andrà avanti nelle prossime due settimane.


Sul tavolo fin dal 1995 – anno della Convenzione Unfccc da cui hanno avuto origine le Cop –, il nodo dei danni ingiusti subiti dai meno responsabili delle emissioni viene finalmente al pettine. Il Gruppo dei 77 e l’alleanza delle Piccole isole non sono più disposti ad accettare l’attendismo e l’indifferenza dei Grandi, vecchi e nuovi. Ovvero delle potenze industriali storiche, in primis Usa e Ue, e degli emergenti, quali Cina e India. A lanciare, seppure ancora a titolo personale, la loro richiesta è stata Mia Mottley, prima ministra delle Barbados, che ha proposto di tassare al 10 per cento le aziende petrolifere, il cosiddetto BIg oil, e destinare i proventi alle vittime del clima, attraverso un fondo ad hoc. Spuntarla, però, non sarà così facile dato l’ostruzionismo del Nord del pianeta. Quest’ultimo si concentra soprattutto sul taglio delle emissioni, la cosiddetta questione della “mitigazione”.

Su tale tema e, in particolare, sulla transizione energetica verso le rinnovabili si è concentrato l’intervento di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue. Si tratto – ha detto – di un’opportunità di crescita per i nostri partner nel Sud del mondo». «Non prendiamo l'autostrada per l'inferno, ma guadagniamo il nostro biglietto pulito per il paradiso», ha aggiunto. A concludere l’intensa giornata, il video-messaggio del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
«Non può esserci politica climatica efficace senza pace», ha affermato, chiedendo pertanto di fermare i responsabili della «guerra illegale».

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