venerdì 29 aprile 2016
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PECHINO L’Assemblea Nazionale del Popolo, il Parlamento cinese, ha approvato ieri una nuova legge per le attività delle Ong straniere presenti sul territorio cinese, tra cui anche gruppi noti come «Save the Children», Greenpeace e le Camere di commercio dei Paesi stranieri. Tra le prime critiche alla nuova legge, di cui non si conoscono per il momento i dettagli, c’è soprattutto la vaghezza delle nuove norme per operare in Cina, con il rischio di limitare le attività delle organizzazioni soprattutto a carattere sociale e ambientale. Tra le nuove norme contenute in una bozza diffusa nelle scorse ore c’è quella di cui si parla già dall’anno scorso, riguardante l’obbligo di avere come partner un organo governativo cinese e quella di riportare le attività delle Ong alle autorità. Tra le regole c’è anche il divieto di assumere personale cinese, a meno di uno specifico permesso da parte del governo. La nuova legge approvata ieri è stata dibattuta nelle ultime ore anche dagli utenti di Weibo, il Twitter cinese, che hanno usato toni anche duri riguardo alle nuove norme. «Mettere le Ong sotto l’autorità di Pubblica Sicurezza significa vederle come nemiche – spiega un utente cinese – è come chiudere la porta contro il mondo». Un altro, più sarcastico, spiega invece che le Ong dovrebbero creare un ufficio interno dedicato ai funzionari del Partito Comunista Cinese «altrimenti non possono esistere in Cina». Tra i casi di maggiore risonanza relativa a persone che lavorano nelle Ong c’è quello dell’attivista svedese, Peter Dahlin, che è stato arrestato con l’accusa di danno alla sicurezza nazionale ed espulso a gennaio scorso dopo una “confessione” televisiva sulla rete principale di Stato. Gli osservatori dei diritti umani lamentano da tempo una stretta sulle libertà civili in Cina: lo scorso anno sono stati arrestati in Cina circa trecento tra avvocati e attivisti per i diritti.
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