martedì 10 luglio 2012
​Quattordici anni di carcere sono stati inflitti dal Tribunale Penale Internazionale dell'Aja all'ex signore della guerra congolese Thomas Lubanga, riconosciuto colpevole lo scorso marzo dai giudici delle Nazioni Unite di aver reclutato a forza bambini e bambine di età inferiore ai 15 anni.
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Quattordici anni di carcere sono stati inflitti dal Tribunale Penale Internazionale dell'Aja all'ex signore della guerra congolese Thomas Lubanga, riconosciuto colpevole lo scorso marzo dai giudici delle Nazioni Unite di aver reclutato a forza bambini e bambine di età inferiore ai 15 anni, in qualche occasione addirittura undicenni: i maschi erano costretti ad arruolarsi nella sua milizia, a combattere, uccidere e a perpetrare atrocità; le femmine erano invece sfruttate come schiave sessuali per i ribelli agli ordini dello stesso Lubanga, un ufficiale rinnegato dell'Esercito della Repubblica Democratica del Congo.Rinchiuso nel centro di detenzione speciale del Tpi a Scheveningen fin dal 2006, 51 anni, Lubanga è stato il primo ricercato per crimini di guerra mai arrestato in base a un ordine di cattura emesso dai magistrati delle Nazioni Unite. Fondatore dell'Unione dei Patrioti Congolesi, un movimento insurrezionale appoggiato dall'Uganda, fu anche comandante delle Forze Patriottiche per la Liberazione del Congo, braccio armato del gruppo. Durante la Seconda Guerra del Congo ordinò massacri di matrice etnica nella provincia nord-orientale di Ituri, il cui capoluogo Bunia nel 2002 fu conquistato dai suoi adepti, che si resero responsabili di spaventose carneficine.Tenuto conto del tempo già trascorso in regime di reclusione, di fatto l'ex 'signore della guerrà, il quale si è sempre protestato innocente, dovrà rimanere in cella ancora soli otto anni. Il giurista argentino Luis Moreno-Ocampo, all'epoca del processo procuratore generale del Tpi, aveva chiesto per lui trent'anni di carcere: il presidente del collegio giudicante, il britannico Adrian Fulford, ha spiegato però che l'accusa non è stata in grado di provare le imputazioni di carattere sessuale oltre ogni ragionevole dubbio.
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