domenica 27 settembre 2020
Le restrizioni per il Covid sono finite, ma negli istituti statali non ci sono lezioni in presenza: così Engim e i padri giuseppini organizzano gruppi per i compiti e tolgono i ragazzi dalla strada
Il Centro giovanile San Giuseppe Murialdo di Medellin

Il Centro giovanile San Giuseppe Murialdo di Medellin

COMMENTA E CONDIVIDI

Da due settimane anche i padri giuseppini hanno riaperto la porta. E i primi ragazzi, una trentina, sono subito comparsi sin dal primo giorno dentro le aule del Centro giovanile San Leonardo Murialdo. Per un mese e mezzo, dal 19 marzo, in tutta la Colombia è stato lockdown totale. Poi, in tutto il Paese, la circolazione è stata limitata in base al numero finale della “cedula”, la carta di identità. Solo da pochi giorni la “libera uscita” è stata estesa a tutte le categorie: «Finalmente abbiamo riaperto tutto. Siamo ancora nella parte alta della curva dei contagi, ma qui il governo si basa sulla disponibilità di posti in terapia intensiva», spiega ad Avvenire padre Giuseppe Meluso.

La ripartenza lassù alla Sierra, l’ultimo quartiere arrampicato sulla montagna di Medellin, dove le scalette dalle baracche calano a picco sull’unica strada ripidissima che porta al centro città, è una porta che si riapre alla speranza. Dal 2015, dopo che il quartiere è stato pacificato, l’Alcaldia (il Municipio) ha costruito il «Metrocable » (la funivia) e, quattro anni fa, la prima scuola dentro il “barrio”. E a poco a poco – nella città un tempo del cartello di Pablo Escobar – il quartiere ha iniziato a respirare aria nuova. Fino allo scorso 19 marzo.

Ora, dopo sei mesi, finalmente il “liberi tutti”, anche se il «Quedate en casa», “Resta a casa” – come recitava lo slogan del governo – è stato impossibile: «Sei, otto persone in una casa con una sola stanza, dove quasi nessuno possiede un computer o una connessione a Internet». La ripartenza, alla parrocchia Santa Maria della Sierra, è tutta concentrata nella mensa popolare. Si chiama “Aggiungi un posto a tavola”, il progetto sostenuto da Engim (Focsiv) che si deve far proseguire a tutti i costi. Dopo aver consegnato durante il lockdown oltre mille pacchi alimentari a famiglie in difficoltà, adesso i 300 pasti al giorno, per garantire il distanziamento fisico, sono consegnati ai genitori dei ragazzi. Ma la filosofia è la stessa: riso, “arepa” e pollo il menù di ieri, ma solo per chi ha iscritto il figlio a scuola. Istruzione, barattata con un pasto completo: gli anni scorsi ha funzionato, riempiendo le aule del Centro giovanile per il dopo scuola o per alfabetizzare gli adolescenti non ancora istruiti. «E qualcuno dei nostri ragazzi, grazie al Fondo Sapienza dell’Alcaldia, ora è iscritto all’università» solo che da marzo, di fatto, la scuola si è smaterializzata. «Il governo, per comprensibili ragioni di sicurezza, ha impedito qualsiasi tipo di insegnamento in presenza, ma anche ai professori di recarsi nelle aule per i collegamenti », spiega padre Giuseppe Meluso. Un “ground zero” dell’istruzione alla Sierra: solo uno dei 60 insegnanti abita nel quartiere, mentre degli oltre 1.200 studenti del territorio più di 900 – fa sapere la direzione della scuola – non possiede una connessione o un tablet per lavorare. «Ecco, siccome la scuola fisicamente non può arrivare fino a loro noi siamo come un ponte», esclama padre Giuseppe.

Si stanno organizzando i turni per classi di età: si fanno i «talleres », i compiti, che poi grazie ai padri giuseppini e ai volontari si spediscono con WhatzApp ai professori. «Se di qualche ragazzo la scuola ha perso completamente i contatti noi riusciamo a rintracciarlo». E per i più piccoli, i più penalizzati nell’apprendimento, due volte alla settimana è stato organizzato un corso di alfabetizzazione. Un ponte, si spera, fino a Novembre, quando le scuole finiranno. «Poi a gennaio, all’inizio del nuovo anno scolastico, speriamo si riprendano le lezioni in presenza». Intanto sulle scalette della baraccopoli, magari per pochi pesos, gli adolescenti sono ingaggiati per qualche lavoretto: una ricompensa per aver aiutato a trasporatare dei mattoni, oppure a raccogliere dei ferri vecchi. Poi, la strada, ti promette un tatuaggio e, se ubbidisci fino alla fine al boss, una piccola moto. «Ma per la prima volta nel quartiere si sono visti per strada degli infermieri mandati dallo Stato. In questi anni c’è stata una politica educativa e di sviluppo». Ma se non vince la scuola, lo sanno tutti, gli adolescenti torneranno in mano ai “Gaetanisti”, la tremenda banda armata che in passato alla Sierra spadroneggiava. La porta del Murialdo deve restare aperta.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: