giovedì 28 aprile 2016
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Il miliardario: «Prima l’America, il tema della mia politica estera». Hillary: noi siamo uniti NEWYORK Inumeri magici ancora non ci sono, ma il duello Clinton-Trump è ufficialmente cominciato. La capofila democratica e il favorito repubblicano sono usciti dall’ultimo round di primarie in cinque Stati del Nordest con la quasi certezza di doversi affrontare l’8 novembre nella sfida finale per la Casa Bianca. Avendo stravinto in Pennsylvania, Delaware, Maryland e Connecticut (più il Rhode Island per Trump) Hillary e Donald hanno seminato i rispettivi rivali interni con un parallelismo perfetto per incrociare le spade in tempo reale. «Con il vostro aiuto torneremo a Filadelfia per la convention con la maggioranza dei voti», ha assicurato l’ex first lady, parlando nella città dove il partito dell’asinello si riunirà a luglio, probabilmente per decretare la sua incoronazione. «Questa è stata la nostra notte più grande: mi considero il candidato presunto – ha esultato il tycoon newyorchese nel suo quartier generale, la Trump Tower di Manhattan –. Quando un pugile mette un al- tro pugile al tappeto, non ha bisogno di aspettare una decisione». In effetti l’inatteso numero di delegati intascati ieri porta sia Trump che Clinton a due vittorie (a patto che siano in Stati medio-grandi) dalla nomination. L’Indiana, al voto martedì, dove sono favoriti, potrebbe rivelarsi decisivo. Nessuna delle ormai secondarie comparse della gara intende però ritirarsi. Il senatore repubblicano Ted Cruz nel Super martedì non si è aggiudicato alcun delegato, malgrado l’accordo anti-Trump che aveva stretto con il governatore John Kasich per non farsi concorrenza. Cruz ha peraltro annunciato di aver scelto l’ex candidata repubblicana Carly Fiorina come suo vice nella corsa alla presidenza. Sul fronte liberal, Bernie Sanders ha detto che non intende farsi da parte e ha chiesto ai superdelegati di sostenerlo. L’ex segretario di Stato non sembra però preoccupata che i suoi sostenitori ai vertici del partito possano abbandonarla, e si dedica piuttosto ad affinare una squadra e un messaggio per battere il miliardario. «Trump mi ha accusata di giocare la carta dell’essere donna. Se combattere per la salute delle donne, per i permessi familiari retribuiti e per equità nei salari significa giocare la carta di essere donna, ci sto», ha detto Clinton, prima di lanciare uno strale all’avversario e al suo famoso slogan «Fare di nuovo grande l’America». «Al contrario di altri candidati, io credo nella grandezza della nostra nazione ». Ma il miliardario (che dovrà difendersi in tribunale dalle accuse di una frode da 40 milioni di dollari alla sua Trump University) non ha fatto marcia indietro: «Se Hillary fosse un uomo non arriverebbe al 5% dei voti». Il segnale più forte che Trump è convinto di non dover conquistare la nomination durante una sofferta convention “contestata”, ma di poterla vincere alle urne, viene dalla scelta del pomeriggio di ieri per pronunciare il suo primo discorso di politica estera. Nella piattaforma enunciata da un hotel di Washington il magnate del mattone ha riunito elementi noti, introdotto temi nuovi e soprattutto cercato di presentarsi come competente ad affrontare le sfide del XXI secolo sulla scena mondiale, una qualifica che molti mettono in dubbio. L’America che Trump vuole proiettare sul piano internazionale sarebbe dunque decisa ma non aggressiva e si impegnerebbe solo in cause che «sa di poter vincere». La lista non è corta. Il Daesh «ha i giorni contati», ha assicurato ad esempio Trump delineando una strategia fatta di imprevedibilità. Il ricorso alla forza militare sarà però solo l’ultima spiaggia per riaffermare il predominio militare americano che deve essere, comunque «indiscusso da tutti e ovunque». O, presumibilmente, per difendere i cristiani perseguitati per i quali, ha detto, «l’Amministrazione Obama non ha fatto nulla, vergognosamente». Il candidato repubblicano assicura che rimetterà in riga anche la Cina, mentre con la Russia tenterebbe la collaborazione. Gli alleati, invece, devono pagare di più per la loro difesa, ma non devono temere che volti loro le spalle, come aveva fatto supporre quando aveva liquidato la Nato come «obsoleta». «L’America tornerà ad essere grande e affidabile», ha detto. E ancora: «L’America verrà prima» e avrà «pace, prosperità e potere». © RIPRODUZIONE RISERVATA Un altro Super martedì Il repubblicano si è aggiudicato tutti i cinque Stati in palio, 4 la democratica Il «re del mattone», che dovrà difendersi in tribunale da un’accusa di frode, ha criticato Obama perché «non ha saputo proteggere i cristiani». Fiorina vice dell’avversario Cruz Donald Trump e, a sinistra, Hillary Clinton (Ansa)
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