martedì 29 settembre 2020
La donna aveva versato del nitrato di sodio nelle colazioni dei piccoli. Nessuno Tocchi Caino: «Pechino al primo posto sul podio orribile dei Paesi-boia, ma c'è una tendenza alla riduzione»
Avvelenò 25 bambini, maestra condannata a morte
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Una maestra di una scuola materna cinese è stata condannata a morte per aver avvelenato 25 bambini, uno dei quali morto dopo 10 mesi di ospedale. Wang Yun, 37 anni, era stata arrestata lo scorso anno dopo che i bambini di un asilo nella città di Jiaozuo, provincia di Henan, nella Cina centro-orientale, erano stati portati d'urgenza in ospedale dopo aver mangiato il loro porridge. Oggi il Tribunale intermedio del popolo di Jiaozuo ha spiegato che la donna ha messo il nitrato di sodio nella colazione dei bambini seguiti da una sua collega per vendetta dopo un litigio. Una sostanza spesso usata come additivo alimentare per la stagionatura della carne, ma che può essere tossica in quantità elevate.
Non era la prima volta che la signora Wang aveva avvelenato delle persone, ha aggiunto la Corte, facendo riferimento a un precedente incidente in cui aveva acquistato del nitrato online e avvelenato suo marito che aveva subito ferite lievi. La sua condotta è stata definita «spregevole e crudele». L'episodio, avvenuto il 27 marzo dello scorso anno, aveva avuto una vasta eco in Cina e la notizia aveva fatto il giro del mondo.
Il gigante asiatico continua, dunque , a ricorrere alla pena di morte. La Cina «mantiene sempre il primo posto sul podio orribile dei primi tre Paesi-boia del mondo, ma c'è una «tendenza alla riduzione delle esecuzioni capitali che riflette il trend internazionale che va verso l'abbandono di questa pratica arcaica». Sergio D'Elia, segretario di Nessuno Tocchi Caino, commenta così le ultime notizie che arrivano dal gigante asiatico con una popolazione di quasi 1,4 miliardi di abitanti.
Non si conosce la vera portata del ricorso alla pena di morte in Cina poiché i dati sono classificati come segreto di stato, avvertono da sempre le organizzazioni che si occupano di diritti umani. La stima di circa «2.000 condanne all'anno - dice D'Elia - si basa sulle sentenze della Corte suprema», è una stima «fondata su dati molto indiretti». E, «in termini relativi al numero di abitanti», la Cina «non è il campione mondiale della pena di morte. Lo è solo in termini assoluti». Perché, afferma D'Elia, «se dovessimo considerare il rapporto con il numero di abitanti, al primo posto c'è l'Iran che invece pratica la pena di morte in modo più indiscriminato». E qui, conclude, «ogni anno vengono effettuate circa 400-500 esecuzioni».

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