lunedì 6 luglio 2015
​Esplode la polemica dopo che un'azienda ha deciso di imporre alle dipendenti l’obbligo di chiedere il permesso per la gravidanza.
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La Cina sempre più sembra raccordarsi a pratiche finora appannaggio del «corrotto Occidente», che negherebbero uguaglianza di genere, pari opportunità e diritti essenziali. Ha suscitato scalpore la volontà di un’azienda cinese di imporre alle dipendenti l’obbligo di chiedere il permesso per la gravidanza. «Solo donne sposate che hanno lavorato per oltre un anno possono chiedere di essere inserite nell’elenco delle gravidanze pianificate», indica un documento interno circolato in una cooperativa di credito di Jiaozuo, nella provincia di Henan. «La dipendente che dovesse portare avanti una gravidanza in violazione della pianificazione e con questo interferire con i propri compiti sarà multata per 1.000 yuan (circa 145 euro)».Ancor più, il documento sottolinea che chi violerà le regole non sarà presa in considerazione per promozioni o premi e gli incentivi, come pure i bonus di fine anno, saranno cancellati «se la gravidanza influenzerà pesantemente il loro lavoro». All’origine di una rapida diffusione delle informazioni e delle critiche su questo esempio di violazione di un diritti primario, il media online Hinews.cn, che ha pubblicato nei giorni scorsi una foto del documento. L’azienda ha dovuto ammetterne l’esistenza, chiarendo però che era circolato tra il personale solo per raccogliere pareri. Dipendenti hanno indicato anonimamente l’assurdità di prevedere in anticipo una maternità, ancor più da parte di giovani donne che sono la maggior parte delle nuove assunte.Il Quotidiano della gioventù comunista ha condannato l’iniziativa, parlando di «mancanza di rispetto per i dipendenti in quanto esseri umani, considerati come utensili sulle linee di produzione». Bizzarro l’attacco da parte della Commissione per la pianificazione familiare di Jiaozou, che ha parlato di «violazione dei diritti riproduttivi», quando il suo compito è quello di impedire che le donne, anche se non occupate, vadano oltre una prima gravidanza o al massimo una seconda se il primogenito è femmina.I mass media, in un clima di maggiore denuncia sociale, segnalano quotidianamente le aberrazioni del sistema. Le recenti modifiche della legge verso una liberalizzazione della prole non convincono i cinesi per decenni costretti a pensare che i figli fossero un fardello, escluso il primogenito maschio. I permessi concessi a milioni di coppie cinesi, soprattutto delle metropoli, per accedere al secondo figlio sono rimasti – per ammissione delle stesse autorità – in maggioranza ignorati. Il nuovo benessere viene condiviso sempre più di rado con una prole multipla e inoltre non ci sono strutture adeguate a un numero elevato di figli, anche davanti al drenaggio delle spese sociali da parte del crescente numero di anziani.
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