lunedì 18 novembre 2013
​Due donne in corsa. L'ex presidente, leader della formazione di sinistra, ha ottenuto il 46,74% dei voti e per soli tre punti percentuali non ha conquistato la vittoria al primo turno. (Lucia Capuzzi)
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Il sogno di Michelle Bachelet si è infranto già nella tarda serata di domenica. Quando, con il 70 per cento delle schede scrutinate, appariva chiaro che la candidata del centro-sinistra cileno “Nueva Mayoria” non avrebbe avuto la tanto agognata vittoria secca al primo turno. La pediatra 62 enne si è fermata a quota 47 per cento, come avevano prognosticato i sondaggi. La vera sorpresa è stata, però, la rimonta della principale rivale, l’esponente dello schieramento di destra “La Alianza”, Evelyn Matthei. Che, contro ogni previsione, ha ottenuto il 25 per cento. Fino all’ultimo, anche all’interno della sua stessa coalizione, tanti temevano che l’ex ministro del Lavoro fosse scalzato dalla seconda posizione dal rivale populista Franco Parisi o dal progressista radicale Marco Enríquez-Ominami. Non solo, invece, il ballottaggio si farà, ma a disputarlo saranno le due figlie dei generali. Non sorprende, dunque, che il quotidiano “La Cuarta” abbia ironicamente titolato: “In Cile comandano le gonne”. Oltre alle presidenziali, i cileni domenica hanno votato anche per il rinnovo dei 120 deputati e 38 senatori. I primi risultati sanciscono la vittoria di “Nueva Mayoria” con 67 seggi alla Camera e 21 al Senato. Meno di quando sperava Bacheletche ha necessità di un ampio sostegno per portare avanti le riforme – della Costituzione pinochettista, dell’istruzione, del sistema tributario - fatte in campagna elettorale. Eppure, più dei numeri conta la composizione delle Assemblee. In entrambi gli schieramenti, gli elettori hanno punito i candidati più radicali. Questo è palese in Alianza, dove l’equilibrio sembra essersi spostato verso il centro. Ma anche in Nueva Mayoria: qui non solo la Democrazia Cristiana ha recuperato rispetto alla sconfitta del 2009 ma lo stesso Partito Comunista, per la prima volta incluso nella coalizione di centro-sinistra, è stato premiato proprio per la sua scelta. Al contempo, sono stati esclusi molti rappresentanti storici della fase post-dittatoriale. Al loro posto, sono entrati in Parlamento tanti volti nuovi, fra cui quattro esponenti del movimento studentesco che guidò le proteste per la riforma dell’educazione nel 2011. Questo potrebbe significare che, in effetti, il Cile ha chiuso il ciclo della transizione e si prepara a un nuovo capitolo politico. In cui le riforme saranno al centro del dibattito.
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