venerdì 5 maggio 2017
A 39 anni è diventato il più giovane leader francese dall'epoca del generale Bonaparte. Una scalata al successo partita poco più di un anno fa
Emmanuel Macron è diventato presidente della Repubblica francese a 39 anni (Ansa/Ap)

Emmanuel Macron è diventato presidente della Repubblica francese a 39 anni (Ansa/Ap)

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Ama sopra ogni cosa Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, legge Gide, suona il pianoforte e si commuove ascoltando Charles Aznavour, a 12 anni decide di battezzarsi («Per scelta personale»: i genitori se n'erano scordati...), da ragazzo sognava di diventare attore, ma il suo vero palcoscenico lo ha trovato prima all'Ena (la prestigiosa École Nationale d'Administration) e poi alla Banca Rothshild, dalla quale esce che è già milionario in euro. A 39 anni è diventato il più giovane leader francese dall'epoca di Napoleone (a trent'anni però il corso era già Primo console) e un altro primato personale sicuramente Emmanuel Macron ce l'ha: a sedici anni si innamora di Brigitte Trogneux, la sua insegnante di teatro.

Una scuffia adolescenziale, direte voi, e invece il ragazzo – quanto caparbio lo si vedrà poi –, che nel frattempo da Amiens si trasferisce a Parigi, promette di tornare e di sposarla. Piccolo problema: la signora – erede di una dinastia di chocolatiers – ha 24 anni più di lui, è sposata con un banchiere e ha tre figli, tra cui una compagna di scuola di Emmanuel. Uno scandalo, perfetto per un romanzo di Simenon, che getta nella costernazione Amiens, la cittadina dell'Alta Somme prediletta da Jules Vernes che diede i natali a Pietro l'Eremita e tenne a battesimo il nocciolo duro del sindacalismo francese. A nulla serve l'esilio parigino del giovanotto: ambizioso, studioso di filosofia, pieno di talento, terminata l'esperienza come banchiere d'affari si affaccia alla vita politica iscrivendosi al partito socialista. Decisivo l'incontro con Hollande, di cui diviene in breve consigliere economico e successivamente ministro dell'Economia nel gabinetto Valls. La nomea di ragazzino viziato tuttavia non lo abbandona, complice anche quelle nozze avvenute nel 2007 con Brigitte, che nel frattempo ha ottenuto il divorzio.

La stessa gauche gli sta stretta: «Non ha mai capito le trasformazioni del Paese fin dall'epoca di Lionel Jospin», dice. E ha ragione: l'ugonotto dell'Hôtel de Matignon sottovalutò il problema della sicurezza e venne travolto al primo turno da Jean-Marie Le Pen costringendo gli intellos e i gauchistes a convergere su Chirac per salvare la Francia dal Front National. Ma quello che a tutti gli effetti appare come un vero e proprio capolavoro politico è il ruolo che Macron si è ritagliato creando dal nulla nell'aprile dello scorso quell'En marche! – una start up più che un movimento politico – che tuttavia ha raggruppato in un baleno oltre 260mila militanti, si vanta di non ricevere finanziamenti pubblici e oscilla sapientemente fra moderazione centrista, liberalismo gollista e lampi di spartachismo socialista. Basta leggere il programma con cui il giovane leader aveva annunciato la sua candidatura come indipendente all'Eliseo: taglio di 10 miliardi di tasse ai ceti meno abbienti, abolizione della taxe d'habitation per l'80% delle famiglie e assunzione di migliaia di giovani nelle banlieue, ma anche di 5mila nuovi agenti per il controllo delle frontiere e 10mila poliziotti in più nell'organico nazionale. Europeista dichiarato e convinto, proclama: «Sarò il presidente dei patrioti di fronte alla minaccia del nazionalismo», dice, ma il suo successo – per molti un vero e proprio "inciucio" fra sanculotti e Ancien Régime che sarebbe piaciuto a Talleyrand – è stato costruito sulle macerie del partito socialista e sull'inadeguatezza della destra gollista.

Una specie di Attila in doppiopetto, che con garbo crudele ha spezzato in due la Francia come la Brexit aveva fatto con la Gran Bretagna: di qua i giovani, gli intellettuali e i ceti affluenti affascinati dalla novità di questo outsider, di là gli anziani, gli euroscettici e la Francia rurale nostalgica della grandeur che si aggrappano a Marine Le Pen. Decisiva per la sua affermazione è stata la sessantaquattrenne Brigitte, attenta stratega della campagna elettorale, che lo ha convinto a presentarsi adesso: «Fra 5 anni – ha ammesso – non avrei un volto spendibile come première dame de France». Macron ringrazia.

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