mercoledì 5 luglio 2017
Lo studio di Human Rights Watch ha raccolto prove anche sulla distruzione di più di 4.200 abitazioni. Ma «non è un conflitto interreligioso»
Un campo profughi nella zona di Bria in Centrafrica (Ansa/Ap)

Un campo profughi nella zona di Bria in Centrafrica (Ansa/Ap)

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Gruppi armati hanno ucciso centinaia di civili nella Repubblica Centrafricana dalla fine del
2014 a oggi. È quanto si legge in un rapporto diffuso oggi da Human Rights Watch (Hrw).
L'organizzazione per la difesa dei diritti umani ha precisato di aver raccolto prove sull'uccisione di oltre 560 civili e sulla distruzione di più di 4.200 abitazioni, sottolineando che tali dati potrebbero rappresentare solo una frazione minima dei crimimi commessi dai miliziani"nella più completa impunità". Negli ultimi due anni, centinaia di testimoni ci hanno raccontato di crimini di guerra commessi dai combattenti Seleka (filoislamici) e da quelli anti-balaka (in prevalenza cristiani) nel centro e nell'Est del Centrafrica - ha detto il ricercatore di Hrw, Lewis Mudge - l'assenza di giustizia per questi crimini ha lasciati liberi i combattenti di terrorizzare i civili a loro piacimento, e di alimentare gli attacchi di rappresaglia".

"Non si tratta comunque - come da più parti sottolineati in più riprese - di un conflitto interreligioso": le autorità, infatti, tendono ad avallare questa ipotesi nascondendo invece la profonda frattura sociale che vi è all'origine della sanguinaria disputa. Il 20 giugno scorso, nella Comunità di Sant'Egidio a Roma, i principali protagonisti dello scontro hanno sottoscritto un accordo per cercare la pace. Un passo importante ma, per il momento che non sembra risolutivo, perché da allora sono già state decine le vittime di nuovi scontri, soprattutto nelle regioni centrali del Paese africano.

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