sabato 28 novembre 2020
La struttura, sostenuta da Mlfm (Focsiv), accoglie bambine accusate di stregoneria. Con il Covid la fame si è diffusa a Bukavu, facendo aumentare gli abbandoni di minori
Le ragazze di casa Ekabana con suor Natalina Isella

Le ragazze di casa Ekabana con suor Natalina Isella - Foto Mlfm

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«Sei tu che hai fatto morire tua madre. E se non dici la verità, sarai uccisa». Una accusa crudele a cui una bimba di 10 anni non può resistere: «Ho avuto paura. Ho detto che sono stata io a uccidere mia madre» spiega Ortance, ancora con il pianto nella voce. Ignoranza e crudeltà, che si accaniscono su queste piccole strappate da Casa Ekabana non solo alla strada, ma anche alla persecuzione. «Nel quartiere si sa che sei una strega – continua Ortance con un sorriso tristemente ironico – e ti chiedono come fai a fare le stregonerie. Ma io non conoscono la stregoneria: io so che la stregoneria non esiste». La ragazza è una delle 40 ospiti di Casa Ekabana, la «Casa dei bambini» a Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo sostenuta dal 2001 dal Movimento lotta alla fame nel mondo (Mlfm, socio Focsiv).

Il Ruanda a pochi chilometri rammenta a tutti una storia di guerre, genocidi ed esodi forzati di profughi o di lavoratori nelle miniere di coltan e oro nel Sud Kivu. La “sorcellerie”, la stregoneria, è legata a superstizioni spesso accreditate da santoni in mala fede, ma anche un modo di trovare un colpevole a una vita costellata di sofferenze. Accuse che si insinuano nella disgregazione della famiglie, come nel caso di Ortance. La madre della ragazza è morta 5 anni fa, lasciando nove figli. Quando il padre si risposa, Ortance, come gli altri fratelli più grandi, entra subito in conflitto con la donna che, come riferiscono gli operatori di Casa Ekabana, non aveva atteggiamenti comprensivi. Poi, come una lama di un coltello, di bocca in bocca nel quartiere l’accusa peggiore per una ragazzina: è stata lei a far morire sua madre. «È una strega!». Una angheria diventa subito stimma sociale: «Non potevo entrare in classe. Sono rimasta fuori e poi sono tornata a casa», continua a raccontare Ortance. Dalla nonna, la ragazza trova rifugio per qualche giorno: «Resta qui, mi aiuti a coltivare il campo e quando c’è da mangiare, se vuoi mangi anche tu». Troppo poco per garantire una crescita adeguata a una adolescente che ora ha 14 anni. Così, grazie a una segnalazione del sacerdote di una parrocchia, Ortance 4 anni fa è stata accolta a Casa Ekabana, struttura di accoglienza diretta da suor Natalina Isella che raccoglie una quarantina di bambini strappati alla strada e altrettante bambine abbandonate e accusate di stregoneria.

L'ingresso di casa Ekabana a Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo

L'ingresso di casa Ekabana a Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo - Foto Mlfm

Ora che l’emergenza Covid ha fatto scomparire molti impieghi legati all’economia informale, lo spettro della fame si aggira per Bukavu. L’aumento del disagio sociale, ha rafforzato il pregiudizio della stregoneria e fatto sensibilmente aumentare l’abbandono di bambine. Il Mlfm ha sostenuto, con una campagna, la distribuzione di pacchi alimentari alle famiglie dei ragazzi di Casa Ekabana. E a fatica, i progetti di reinserimento devono continuare. Ortance, in questi 4 anni, nonostante alcuni segni evidenti difficoltà, ha un comportamento molto più socievole e responsabile: «Bisogna lavorare sul perdono, far guarire queste bambine dalla rabbia che nascondono dentro» spiega suor Natalina. Terminata la scuola dell’obbligo, ora Ortance frequenta il corso professionale per sarta, fiera della sua macchina da cucire. E di avere dato grazie a Casa Ekabana un taglio al suo passato.

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