martedì 22 febbraio 2022
La crisi economica legata alla pandemia ha colpito in particolare gruppi già vulnerabili. Monsignor Landau: occorre investire in economia sociale per creare lavoro e tutelare l'ambiente
Un volontario della Caritas aiuta una persona anziana a domicilio durante la pandemia Covid

Un volontario della Caritas aiuta una persona anziana a domicilio durante la pandemia Covid - Siciliani (archivio)

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Lavoro e pandemia. Missione impossibile o quasi per lavoratori atipici, per lavoratori giovani e anziani, disabili, Rom, migranti e badanti. La pandemia ha avuto un impatto ancora più forte su chi, nel mondo del lavoro, ha una posizione precaria oppure sta muovendo i primi passi come stagista o contrattista. Lo denuncia il rapporto di Caritas Europa in base all’indagine compiuta in 18 nazioni dell’Ue da una rete di organizzazioni che lottano contro la povertà e l’esclusione sociale.

«Mi hanno licenziata perché non sono andata al lavoro per quattro giorni. Dovevo curare a casa mio marito malato», racconta Anna, 49 anni, intervistata dalla Caritas della Repubblica ceca. «Ho già trovato un altro lavoro, ma l’entrata è così bassa che non riesco a sfamare me e mia figlia. A causa della pandemia non ho potuto avere un lavoro part-time. Quando mio marito ha avuto il Covid ero terrorizzata di essere scoperta perché non avrei avuto diritto a nessuna forma di aiuto da parte dello Stato».

È questa precarietà e incertezza che si abbatte sulle categorie più deboli e rende davvero lontano l’obiettivo di un «mercato del lavoro inclusivo» perché «nessuno sia lasciato indietro». Dal febbraio del 2020 la pandemia ha causato una forte recessione e cambiato il nostro modo di vivere e lavorare. Un impatto, secondo Caritas Europa «irregolare» e che ha colpito in particolare «quei gruppi di lavoratori che erano già in situazione di vulnerabilità».

Il Covid-19 «ha rinforzato pre-esistenti disuguaglianze e il divario nel mercato del lavoro europeo». E causato un aumento della disoccupazione di 4,6 milioni di lavoratori dalla fine del 2019 all’inizio del 2021. Durante la pandemia lo sviluppo di «numerose misure di supporto » grazie ai finanziamenti europei, «ha aiutato a prevenire l’emergenza o una disoccupazione catastrofica ma l’impatto socio-economico tuttavia è stato percepito». Fondamentale, nei due anni passati, è stata la rete di aiuti messa in campo a sostegno di chi si è trovato ai margini o espulso dal mondo del lavoro da parte della Caritas nazionali e di altre organizzazioni no-profit. Misure diverse da Paese a Paese, come diverse le categorie soccorse.

Le Caritas, si legge nel rapporto, «hanno adottato piani sanitari, modificato le loro risposte, come offrire lavori e servizi da remoto e online per i lavoratori domestici, adattare gli orari per il loro personale, distribuire beni essenziali e misure di protezione». I giovani stanno vivendo «una delle situazioni più vulnerabili» in tutta Europa con un tasso di disoccupazione molto più alto rispetto alla popolazione complessiva: al 24% nel 2013, quando raggiunse il picco, scesa gradualmente al 15% nel 2019 per poi riprendere a salire con la crisi del Covid.

Una situazione che, ha affermato monsignor Michael Landau, presidente di Caritas Europa, richiede «di continuare a investire sull’economia sociale in modo da avere ricadute sull’economia e sull’ambiente. E questo è richiesto in particolare nei Paesi ex comunisti ». Di qui, nel rapporto, una serie di 18 raccomandazioni sulle strategie di ripresa uniforme dalla crisi che vadano a sostenere «le comunità e i settori più colpiti dalla perdita di posti di lavoro». Tra le richieste di Caritas Europa c’è anche quella di introdurre una direttiva quadro dell’Ue sul reddito minimo che possa garantire una vita dignitosa a tutti i cittadini».




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