giovedì 28 aprile 2016
​Presa di posizione della Caritas Austria sulla legge che limita in modo drastico il diritto di asilo. "La chiusura delle frontiere costerà al Paese 200 milioni all'anno". Obiezione di coscienza del vescovo Ägidius Zsifkovics: nessuno steccato sui terreni della diocesi. Preoccupati anche i tirolesi.
Chiesa in Austria: sbagliato chiudersi
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L'Austria si chiude sempre più. Dal muro del Brennero, agli steccati sulla frontiera ungherese, alle nuove norme sui rifugiati. E la Caritas austriaca reagisce dopo l'approvazione a Vienna della legge che limita in modo drastico il diritto di asilo. Ma a intervenire direttamente ci sono alcuni vescovi, uno addirittura facendo obiezione di coscienza alla richiesta di mettere barriere antiprofughi sui terreni della Chiesa al confine con l'Ungheria. "Svuotare e aggirare il diritto di asilo - scrive in un comunicato il segretario generale della Caritas, Bernd Wachter - significa mettere in discussione i valori sui quali ci fondiamo. L'Austria ha accolto nel 2015 quasi 90.000 persone: ciò è stato possibile soprattutto grazie all'aiuto della società civile. Questo però non può essere per l'Austria la giustificazione per ignorare, in un'Europa comune, la propria responsabilità nei confronti di persone in cerca di protezione". La nuova legge pone limiti ai ricongiungimenti familiari e permette di indire lo stato di necessità con la conseguenza di sospendere il diritto di asilo. austriaLapresseFo_50850903.jpg Quanto al ripristino delle frontiere, con al centro il caso del Brennero, Wachter afferma: "Rendere impermeabili i confini attorno all'Austria comporta una chiusura nell'ambito europeo su diversi piani. Non solo per quanto riguarda la solidarietà nell'emergenza profughi, che può essere affrontata solo insieme. Anche sul piano economico in questo modo l'Austria si mette fuori gioco: attraverso i controlli di frontiera, secondo l'Istituto di ricerca economica Leibniz, ci saranno perdite fino a 210 milioni di euro annui per il nostro Paese". E sempre sulla vicenda dei confini austriaci le diocesi di Innsbruck e di Eisenstadt sono intervenute con chiarezza. Monsignor Jakob Bürgler, sulla questione dei cont rolli alle frontiere austriache, ha affermato che chiudere il confine del Brennero sarebbe un passo indietro:  l’apertura di quel valico rafforzò il legame transfrontaliero in Europa, segnando una tappa decisiva nella direzione della "Regione europea del Tirolo". Per l’amministratore diocesano di Innsbruck l’attuale movimento migratorio e di profughi richiede di agire con sensibilità. Quindi affermazioni secondo cui il confine andrebbe "reso impermeabile" non tengono conto dell’importanza storica del Brennero. È periò necessario riflettere, a livello politico e sociale, su quali forme alternative possono essere trovate e realizzate per dare risposte alla sfida di questo inatteso movimento di profughi. Un principio centrale è rappresentato dalla richiesta di solidarietà europea, la stessa che viene vissuta da molti anni nella Regione europea. Se questa solidarietà non trova sviluppi, l’Europa dei valori e della libertà rischia di fallire. Fa invece discutere la decisione del vescovo di Eisenstadt, monsignor Ägidius Zsifkovics, di non ottemperare alla richiesta della direzione di polizia di installare su terreni appartenenti alla Chiesa un tratto della barriera che deve dividere l’Austria dall’Ungheria. Zsifkovics, che è coordinatore in tema di profughi delle Conferenze episcopali europee, spiega: “Sono consapevole della difficile situazione dell a Stato, ma non posso accettare per motivi di coscienza”. E aggiunge: “L’anno scorso, quando circa 200mila persone hanno passato il confine, abbiamo creato da un giorno all’altro in edifici ecclesiastici mille alloggiamenti di fortuna per famiglie sfinite, donne, bambini e persone anziane e indebolite. E ora dovremmo installare steccati sui terreni della Chiesa? È il mio corpo stesso che si ribella”. Infine: “Capisco le paure delle persone che percepisco attorno a me. Però sarei un cattivo vescovo, se non sapessi dare a queste paure una risposta cristiana. E questa risposta non è lo steccato. Semmai, in caso di necessità, un buco nello steccato!”
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