giovedì 7 marzo 2013
​Serrande abbassate in tutta la capitale in segno di rispetto e bus fermi. Dietro al feretro dell'ex presidente, nel breve percorso tra l'ospedale e l'accademina militare, un fiune «rosso-rivoluzione». Allarme dei fedelissimi sulla successione.
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​Il colore del lutto per le strade di Caracas non è il nero. È il rojo del socialismo bolivariano, è il rosso delle magliette, dei capelli di decine di migliaia di persone, che si sono riversate per le vie del centro per salutare il comandante. Il feretro di Chávez – avvolto nella bandiera nazionale – viene accompagnato dalla folla in lacrime: l’ultimo viaggio del caudillo è un breve percorso dall’ospedale all’accademia militare. Nonostante le insistenti voci degli ultimi giorni, che davano praticamente per certa la morte del delfino di Fidel Castro, il Paese si è risvegliato ieri mattina ancora incredulo, con l’assordante rumore di 21 cannonate sparate a salve in tutte le caserme venezuelane in onore del leader che non c’è più. Gridano: "Chávez te queremos!". A migliaia sfilano con la foto del presidente incorniciata, come fosse un parente, un amico. Scoppiano continui applausi. La tv riprende l’immagine della madre del capo di Stato, che si asciuga gli occhi. Il popolo abbraccia Chávez: dice adios, per l’ultima volta. All’accademia militare del Forte Tiuna, dove è stata esposta la salma (in una bara chiusa, senza immagini recenti), un fiume rosso rende onore al presidente, morto a 58 anni dopo una battaglia di 20 mesi contro il cancro. Domani i funerali e la sepoltura: alle esequie assisteranno quasi tutti i presidenti latinoamericani, dall’Argentina alla Bolivia. Il Venezuela si prepara al dopo-Chávez in un clima di grande tensione. Ma più forte dell’emozione e del dolore, più forte dello strappo, è l’incertezza nella quale galleggia un intero Paese: i sostenitori del chavismo, allarmati dalla scomparsa del loro carismatico capo; gli oppositori, cauti, ma nervosi, in attesa di un agognato cambiamento che non appare affatto scontato.Serrande abbassate, autobus fermi. Il Venezuela manterrà il lutto ufficiale per altri sei giorni. Ma alla fine di questo processo, dopo le lacrime, i nodi verranno al pettine e potrebbero emergere i primi dissapori interni. Ad assumere le redini del comando è Nicolás Maduro, vicepresidente, scelto dallo stesso Chávez come successore.Secondo la Costituzione, dovrebbe essere Diosdado Cabello, presidente del Parlamento, a dirigere il Venezuela fino alle prossime elezioni, entro un mese. Ma il ministro degli Esteri, Elias Jaua, è stato chiaro: il presidente in carica è Maduro perché «questo è l’ordine che ci ha dato il comandante presidente Hugo Chávez». Poco prima dell’annuncio del decesso, il deputato chavista Fernando Soto Rojas aveva assicurato che «non c’è nessun vuoto di potere: l’Assemblea Nazionale (il Parlamento, ndr) con il suo presidente Diosdado Cabello deve assumere il comando dello Stato e successivamente andremo alle urne». La successione di Maduro è dunque incostituzionale? Il momento è delicatissimo e il governo è cosciente dei possibili costi di un’immagine disgregata: per questo vengono lanciati continui messaggi in nome dell’unità. Del resto anche il leader dell’opposizione, Henrique Capriles, preferisce rimandare il confronto diretto e invocare l’unità dei venezuelani. Il Paese – abituato alla rumorosa onnipresenza televisiva di Chávez – trattiene il fiato, in silenzio. Nel frattempo l’esercito pattuglia le strade per «garantire la pace» e rafforza la sua presenza nei punti critici. Di fronte all’ospedale militare dove era ricoverato il leader, poche ore prima della morte si è verificato un incidente: una giornalista colombiana – che in passato aveva avuto un diverbio con Chávez – è stata insultata e picchiata da un gruppo di sostenitori del presidente.
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