giovedì 26 marzo 2015
Crescono le vittime. Ma il Paese centroamericano rifiuta di cedere alla violenza dei mercanti di morte. Vestite di bianco, migliaia e migliaia di persone sono scese per le strade per dire sì alla vita, alla pace e alla giustizia. (Lucia Capuzzi)
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Quindici assassinii al giorno. Per mano delle gang criminali (maras) e dei grandi cartelli del narcotraffico. El Salvador rifiuta, però, di cedere alla violenza che, dalla fine del tentativo di tregua con i “mareros”, la scorsa estate, ha ripreso a crescere, drammaticamente. Vestite di bianco, migliaia e migliaia di persone sono scese per le strade della capitale e dell’intero Paese per dire sì alla vita, alla pace e alla giustizia. L’iniziativa è stata promossa dal Consiglio nazionale di sicurezza cittadina e di convivenza, creato dal nuovo governo con l’obiettivo di discutere e trovare insieme alla società civile soluzioni per garantire la sicurezza. “Il Consiglio riprende lo spirito degli accordi di pace che misero fine al conflitto nel 1992”, spiega monsignor Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador che – insieme ai sacerdoti Jesús Delgado e Rafael Urrutia e al laico Roberto López – rappresenta la Chiesa cattolica all’interno dell’ente. “Questo è un organismo pluralista. Vi partecipano dalle Chiese cristiane all’impresa privata ai vari gruppi sociali. Dalle discussioni nasceranno proposte condivise – aggiunge monsignor Rosa Chávez -. L’importante è convincersi che la violenza si può vincere. Da qui l’idea di una grande marcia per spezzare le catene della paura e dell’indifferenza”.
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