mercoledì 30 gennaio 2013
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Dal 2010 il governo del Myanmar sta elaborando un programma di riforme ad ampio raggio che pochi stati al mondo hanno implementato in così poco tempo. Dalla liberazione di Aung San Suu Kyi, avvenuta il 13 novembre 2010, sono stati scarcerati altri 1.700 prigionieri politici tra cui personalità di spicco come Ko Ko Gyi, leader di Generazione 88 e il comico Zarganar. U Gambira, il monaco organizzatore delle manifestazioni del 2007, dopo essere stato amnistiato, è stato ricondotto in carcere il primo dicembre per paura che potesse prendere parte alle manifestazioni di Monywa. Oggi nelle prigioni birmane rimangono 217 prigionieri politici. I partiti sono stati liberalizzati nel gennaio 2012 per poter partecipare alle elezioni suppletive di aprile, dove la Lega nazionale per la democrazia (Lnd) ha conquistato 43 dei 45 seggi a disposizione. Le dimissioni del vicepresidente Tin Aung Myint Oo, vicino ai conservatori, e i successivi rimpasti di governo hanno accelerato le riforme. I lavoratori oggi hanno diritto allo sciopero e di associarsi in sindacati, la censura su internet e nei media è stata tolta e numerosi dissidenti hanno fatto ritorno in patria dopo anni di esilio. In campo economico la corruzione e la burocrazia frenano i cambiamenti, ma i monopoli sono stati aboliti e le compagnie statali, che prima non pagavano tasse, oggi sono equiparate a tutte le altre. Il cambio fittizio di 6 kyat per dollaro, imposto dalla giunta militare, è liberalizzato e oggi il kyat è cambiato a 820 per dollaro Usa. Il principale ostacolo allo sviluppo economico è dato dalla mancanza di tecnici professionalmente validi, ma la nuova legge sugli investimenti stranieri cerca di porre un rimedio, obbligando le aziende straniere a formare personale locale.
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