giovedì 10 febbraio 2022
Bloccato da due giorni il principale ponte da cui passano le merci. No al dialogo delle autorità. Molti trasportatori Usa si sono uniti ai colleghi che, per entrare negli Usa, devono essere vaccinati
Le file dei camion all'Ambassador Bridge che collega Ontario (Canada( al Michigan

Le file dei camion all'Ambassador Bridge che collega Ontario (Canada( al Michigan - Ansa

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Stanno assediando il Parlamento canadese da 14 giorni e da due bloccano il principale ponte per il passaggio di merci da e per gli Usa. Il Freedom Convoy, il corteo di camionisti canadesi che protestano contro l’obbligo vaccinale per chi attraversa il confine comincia a creare problemi logistici al Canada e agli Stati Uniti, mentre fa da modello ad altri «Convogli della libertà» in tre continenti. Ieri i ministri federali canadesi hanno abbandonato ogni tentativo di dialogo con la variegata coalizione di gruppi no vax ed etichettato l’occupazione del vitale Ambassador Bridge che collega l’Ontario a Detroit in Michigan come «illegale». Non è chiaro però che cosa le autorità di Ottawa siano disposte a fare se i manifestanti non metteranno fine al costoso blocco. Il Canada invia il 75% delle sue esportazioni negli Stati Uniti, soprattutto per via stradale. E il ponte Ambassador movimenta circa 8.000 camion al giorno, per 350 milioni di dollari di merci.
«Le proteste stavano mettendo a rischio posti di lavoro e la catena di approvvigionamento dell’economia e devono finire prima che si verifichino ulteriori danni», ha detto ieri il ministro canadese per la preparazione alle emergenze, Bill Blair. Più cauta l’Amministrazione Biden, che ha detto di sostenere le proteste pacifiche, ma ha evidenziato ieri che «la manifestazione sta causando problemi alla catena degli approvvigionamenti, colpendo in particolare il settore automobilistico». I camionisti canadesi restano però fermi sul rifiuto di tornare a casa se non verrà revocato l’ordine che tutti i «fornitori di servizi essenziali, compresi i conducenti di camion» debbano essere vaccinati per lasciare il Paese a partire dal 15 gennaio. Regole simili sono entrate in vigore il 22 gennaio negli Usa dove però molti Stati, compreso New York, stanno facendo marcia indietro sugli obblighi vaccinali e sul dovere di indossare mascherine al chiuso, componendo un puzzle di regole a macchia di leopardo che crea confusione. La principale associazione di autotrasportatori canadese, la Canadian Trucking Alliance, ha accettato l’obbligo, sostenendo che il 90% dei suoi membri sono vaccinati. L’alleanza si è poi dissociata dalla protesta di Ottawa, sostenendo che molti manifestanti non hanno alcun legame con l’industria dei trasporti.
Nonostante le diffide e il freddo, più camionisti, e non solo, guidati dall’organizzazione Canada Unity, continuano a confluire ogni giorno sulla capitale canadese, chiedendo ora anche le dimissioni del primo ministro Justin Trudeau. I dimostranti sono stati finora per lo più pacifici, destando preoccupazione più che altro per l’uso di simboli neonazisti, di QAnon e di estrema destra. Ma il sindaco di Ottawa, Jim Watson, ha dichiarato gli accampamenti in strade e piazze della città «completamente fuori controllo», sottolineando che la polizia ha fatto decine di arresti, ma che gli «occupanti» sono più degli agenti. La durata della protesta, incoraggiata dalla risposta tiepida delle autorità federali, ha motivato altri gruppi a emularla. Centinaia di camionisti no vax Usa si sono uniti in solidarietà ai colleghi canadesi partendo in colonna da Sacramento, California, per dirigersi a Washington, senza escludere di continuare fino alla frontiera nord. Iniziative simili sono nate anche in Australia, Nuova Zelanda, Brasile, Israele. E in Europa, dove la contestazione sembra fare da catalizzatore a un malcontento dal respiro più ampio.

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