venerdì 14 febbraio 2020
L'uscita dall'Ue spinge le aziende a lasciare il Regno Unito. Il ministro uscente Leadsom: «Dall'azienda nessun ripensamento». Via 3.500 lavoratori e a rischio i 15mila dell'indotto
Il centro di Swindon, un'ora a ovest di Londra: quasi 20mila i posti di lavoro a rischio con l'addio di Honda

Il centro di Swindon, un'ora a ovest di Londra: quasi 20mila i posti di lavoro a rischio con l'addio di Honda - Alfieri

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Nessun ripensamento, nessuna speranza, anzi semmai una data certa ormai “scolpita nella pietra”: luglio 2021. Honda ha sancito la chiusura del suo storico impianto produttivo di Swindon, cittadina a un’ora a ovest di Londra di cui avevamo raccontato lo scorso maggio, in quella che sembra una conferma delle conseguenze che la Brexit potrebbe avere sull’industria britannica. Perché se è vero che il colosso giapponese già da tempo parlava di una decisione non direttamente influenzata dalla Brexit (ma dovuta anche a “cambiamenti” nell’industria dell’auto e alla necessità di virare sulla produzione di veicoli elettrici in Cina, Giappone e Stati Uniti), l’uscita britannica dal mercato Ue e l’ipotesi dazi (che potrebbero materializzarsi a fine anno senza un’intesa Londra-Bruxelles) ha avuto certamente un ruolo. Anche altri produttori di auto hanno annunciato misure simili nel Regno Unito: la Nissan ha scartato il piano per produrre il suo Suv X-Trail a Sunderland, mentre Jaguar Land Rover ha tagliato 4.500 lavoratori britannici.

In un incontro tra Honda e le autorità locali, presieduto dal ministro delle Attività produttive uscente Andrea Leadsom, la perdita di 3.500 posti di lavoro (senza considerare i 15mila dell’indotto) è diventata certezza a Swindon, città in cui nel 2016 il sì alla Brexit aveva peraltro stravinto con 10 punti di vantaggio. È stata la stessa Leadsom a parlare di una data “scolpita nella pietra”, luglio dell’anno prossimo, a sottolineare che non ci saranno cambiamenti da parte dell’azienda.

Non sono bastate, dunque, le marce degli operai in strada, mentre a più riprese i sindacati avevano criticato un anno fa il governo britannico per il clima di incertezza dei negoziati sulla Brexit, che a lungo ha spinto molte aziende a non programmare investimenti in un Paese paralizzato o che ha determinato dinamiche di mercato letali per le attività produttive. È la situazione che si sta verificando anche in altre cittadine della provincia britannica in altri settori, come nel caso del colosso siderurgico British Steel a Scunthorpe, nel Nord (qui il reportage).

La partnership di Honda con la casa automobilistica inglese British Leyland risaliva al 1980, periodo in cui molte società giapponesi “invasero” il Regno Unito, attratte da un Paese che, con Margaret Thatcher, spalancava le porte alle aziende straniere, golose di aver accesso ai mercati europei. Nel 1985 Honda acquistava l’impianto di una ex fabbrica di aerei della Seconda guerra mondiale nei sobborghi di Swindon, iniziando nel 1989 la produzione delle sue auto (ancora 150mila quelle prodotte lo scorso anno). Una storia gloriosa che ha significato lavoro e opportunità per questo distretto, che ora dovrà reinventarsi in quel territorio inesplorato che diventerà la Gran Bretagna post-Brexit.

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