giovedì 11 aprile 2019
La data decisa nella notte, dopo sette ore di negoziato. Se non sarà ancora uscita dall'Ue la Gran Bretagna dovrà partecipare alle elezioni per il Parlamento europeo a fine maggio
Brexit, l'Ue concede tempo a Londra fino al 31 ottobre
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Al termine di sette ore di negoziato, nella notte i capi di Stato e di governo dei 27 hanno trovato l'accordo per concedere alla Gran Bretagna di Theresa May altri sei mesi per la Brexit: viene rinviata al 31 ottobre la data ultima di uscita del Regno Unito dall'Unione, con una clausola di revisione a giugno.

Niente Brexit alla mezzanotte di domani senza un accordo, piuttosto un rinvio lungo. Al vertice straordinario sulla Brexit i Ventisette hanno lanciato un messaggio chiaro: nessuno vuole un’uscita disordinata della Gran Bretagna. E così ieri sera (il vertice è continuato fino a notte) si è profilata la soluzione già ventilata nei giorni scorsi: un rinvio lungo ma «flessibile», e cioè con la possibilità per Londra di uscire in qualsiasi momento non appena ratificato l’accordo di recesso, che non sarà rinegoziato.

«Ho chiesto un’estensione al 30 giugno – ha detto Theresa May – ma quel che importa è che tale estensione ci consenta di lasciare l’Ue non appena avremo ratificato l’accordo di recesso, in modo da poter uscire il 22 maggio (alla vigilia delle elezioni europee ndr)». May ha parlato per un’ora con i leader, spiegando i suoi sforzi di un’intesa con i laburisti. La chiave sarebbero ulteriori precisazioni alla dichiarazione sulle future relazioni, potrebbe esser fatto molto in fretta. Il vertice è stato preceduto da una riunione ristretta, organizzata dal premier belga Charles Michel, cui hanno partecipato il presidente francese Emmanuel Macron e i leader di Olanda, Svezia e Irlanda. Invitati anche i leader di Spagna, Lussemburgo e Germania che però hanno declinato per ragioni di agenda. Grande esclusa: l’Italia, suscitando le proteste del premier Giuseppe Conte. Michel ha però parlato di un «malinteso».

I leader hanno a lungo discusso se il rinvio sarà solo fino al 31 dicembre 2019, data più gettonata, o il 31 marzo 2020. Purché naturalmente Londra partecipi alle elezioni europee del 23-26 maggio se per quella data sarà ancora uno Stato membro. Un elemento che costituisce un potente mezzo di pressione sui Tories ribelli: «Partecipare alle elezioni europee significherebbe ammettere un fallimento». Anche se ieri il presidente dell’istituzione Ue Antonio Tajani, chiedendo chiarezza, ha avvertito: «Il Parlamento non vuole essere preso in giro da nessuno». La speranza è un miracolo di una ratifica entro il 22 maggio, che eviterebbe la partecipazione britannica al voto. Prospettiva improbabile, di qui l’esigenza di un rinvio più lungo. «Siamo favorevoli ad una proroga – ha detto Conte – ovviamente non può essere di un mese o due». «Siamo dell’opinione – ha detto anche la cancelliera Angela Merkel – che bisogna dare alle parti il tempo necessario».

Ieri sera non sembrava passare la linea più dura di Macron (che ha avuto un colloquio a quattr’occhi con Merkel), restio a un rinvio lungo. «Dobbiamo attuare un rinascimento europeo e non voglio che la Brexit ci blocchi su questo. Il tempo della decisione è ora, niente è deciso». Macron è preoccupato che i britannici, soprattutto con un cambio al vertice (magari con un falco «Brexiteer» come Boris Johnson), creino problemi al funzionamento dell’Ue e avrebbe voluto un impegno scritto di Londra, molti altre capitali hanno però detto che non avrebbe valore giuridico, visto che, da Trattato Ue, il Regno Unito resta a tutti gli effetti Stato membro fino all’uscita.

«Il Consiglio Europeo – si legge nella bozza di conclusioni – sottolinea che l’estensione non deve minare il regolare funzionamento delle istituzioni dell’Unione» e «prende nota dell’impegno del Regno Unito ad agire in modo costruttivo e responsabile, in accordo con il dovere di una sincera cooperazione», e questo «in particolare quando parteciperà ai processi decisionali dell’Unione». Molti diplomatici tranquillizzano: di qui a fine anno sono attese per lo più decisioni da prendere a maggioranza qualificata, l’unica che richiede l’unanimità è il bilancio 2021-2027, ma si può rinviare all’anno prossimo.

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