lunedì 3 gennaio 2011
L'Italia non intende lasciare nulla di intentato per ottenere l'estradizione ed è pronta anche a ricorrere alla Corte Internazionale dell'Aja. Ma dal nuovo ministro della Giustizia brasiliano arriva puntuale una secca precisazione. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha giudicato la scelta dell'ex presidente un «precedente gravissimo», ha ribadito che la partita sul caso dell'ex terrorista rosso è tutt'altro che chiusa.
COMMENTA E CONDIVIDI
L'Italia non intende lasciare nulla di intentato per ottenere l'estradizione di Cesare Battisti ed è pronta anche a ricorrere alla Corte Internazionale dell'Aja. Ma dal nuovo esecutivo brasiliano arriva puntuale una secca precisazione: giusta e consona al diritto brasiliano la scelta di Lula, ha precisato il nuovo ministro della Giustizia Josè Cardozo. Poco prima il ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha giudicato il no di Lula un «precedente gravissimo», aveva ribadito che la partita sul caso dell'ex terrorista rosso è tutt'altro che chiusa. «Non lasceremo niente di intentato per riportare Battisti in una prigione italiana, non ci fermeremo di fronte a nessuna difficoltà», ha assicurato. Resta alta quindi la tensione tra le due sponde dell'Atlantico: da Brasilia sono giunti quindi messaggi contraddittori ma che fanno capire che il nuovo esecutivo è schierato sulla linea di Lula. Parole distensive dal nuovo ministro degli Esteri Antonio Patriota che ha apprezzato la presenza dell'ambasciatore italiano (attualmente in Italia per consultazioni) alla cerimonia di insediamento di Dilma Rousseff: «La presenza dell'ambasciatore è stata una manifestazione di desiderio dei due Paesi per proseguire i propri rapporti ed enfatizzare le convergenze e un'agenda costruttivà», ha spiegato il neoministro. Parole di chiusura da parte del nuovo ministro della giustizia brasiliano, Josè Cardozo, che ha detto di «non aver alcun dubbio» sul fatto che il «no» all'estradizione di Battisti deciso dall'ex presidente Lula sia stata una decisione «corretta». Alle quali si aggiungono quelle dell'autorevole consigliere presidenziale di Lula (confermato dalla Rousseff), Marco Aurelio: il governo brasiliano «non teme» l'eventuale ricorso dell'Italia alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, ipotizzato dal ministro degli Esteri Franco Frattini. Se il primo passo, come già preannunciato, sarà il ricorso al Tribunale supremo brasiliano da parte del governo italiano, la vicenda potrebbe quindi finire all'Aja, anche per evitare che «dopo la dottrina Mitterrand, si diffonda l'idea che esiste una dottrina Lula», ha spiegato Frattini. Dall'Italia intanto Adriano Sabbadin, figlio di Lino Sabbadin, il macellaio ucciso il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia), ha scritto una lettera indirizzata alla neo-presidente Rousseff con la quale ripete che chiede «solo giustizia». Ma il fronte, oltre che politico e giuridico, è economico. Con il no all'estradizione, ha sottolineato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, tra Italia e Brasile si è creato un clima che mette a rischio «le relazioni commerciali». D'accordo il titolare della Farnesina che, però, realisticamente ha spiegato che «un governo sovrano e forte come quello brasiliano non è condizionabile da azioni di ritorsione». Su questo aspetto spinge anche il capogruppo alla Camera di Futuro e Liberta Italo Bocchino secondo il quale sul caso Battisti «servirebbe adesso un passo ulteriore a tutela della nostra dignità nazionale da parte del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che farebbe bene a recarsi immediatamente a Brasilia per incontrare la Rousseff comunicandogli l'interruzione di tutti i rapporti commerciali». Mentre in Italia continuano le prese di posizione bipartisan contro la decisione di Lula, a Brasilia la nuova presidente Dilma Rousseff - ex guerrigliera di 63 anni con un passato in carcere durante la dittatura - si trova già impegnata in una girandola di incontri internazionali. Ma è chiaro che su di lei grava ora il peso della decisione del suo predecessore. Sul nuovo presidente infatti si stanno concentrando le pressioni dell'Italia che continua a sperare che possa avere un ruolo nella vicenda e ribaltare il diniego di Lula. La decisione del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva di non estradare l'ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo Cesare Battisti è stata la «brutta fine di un mandato importante di un grande president». Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri Franco Frattini in un'intervista a Skytg 24.«Non mi faccio illusioni sul ministro della giustizia brasiliano. Lui fa il suo dovere, deve difendere la decisione presa dal suo ex presidente, ma il Tribunale Supremo del Brasile ha già dichiarato che Battisti può e deve tornare in Italia. Devo fare in modo che il Tribunale Supremo del Brasile confermi la decisione che ha già preso», ha dichiarato Frattini, che ha fatto appello anche all'opinione pubblica del Paese sudamericano.«Noi chiederemo aiuto anche alla società, ai mezzi di informazione, all'opinione pubblica del Brasile. Non contro il popolo brasiliano, ma contro la decisione di Lula che è stata veramente una brutta fine di un mandato importante di un grande presidente del Brasile», ha spiegato il ministro degli Esteri.Nel 2009 la Corte Suprema del Brasile aveva deciso che Battisti doveva essere estradato per le condanne per omicidi commessi in Italia negli anni 70, ma la decisione finale spettava al presidente. Battisti ha sempre negato di aver commesso gli omicidi e sostiene di essere un perseguitato politico. Lula gli ha garantito lo status di rifugiato nel gennaio 2009, decisione che ha alimentato tensioni con l'Italia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: