sabato 21 gennaio 2017
Vari morti: impossibile verificare quanti. Le autorità non hanno ancora preso il controllo del penitenziario. I soldati presidiano le vicina città di Natal
Detenuti in rivolta nel carcere di  Alcaçuz, Ansa

Detenuti in rivolta nel carcere di Alcaçuz, Ansa

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La battaglia si è fermata dopo sette giorni di sangue. Al carcere di Alcaçuz, vicino a Natal, nel Rio Grande do Norte, è tornato il silenzio. Ma tutti sanno che non durerà molto. Il conflitto tra i due principali gruppi del narcotraffico – Primeiro comando criminal e Sindicato do Crimen, alleato del potente Comando Vermelho - è tutt’altro che finito. I detenuti – oltre 1.100 per una capienza massima di poco più di 600 – stanno facendo una tregua per riprendere le forze e riarmarsi. Presto, riesploderà la guerra. La settimana di violenza – seguita alla strage di 26 reclusi di domenica scorsa – ha fatto varie vittime e feriti. Le autorità non hanno, però, ancora fornito un numero esatto. Perché non hanno ancora potuto prendere il controllo della struttura. Questa mattina sono arrivati a Natal 650 militari della guardia nazionale, inviati dal presidente Michel Temer dopo la richiesta di aiuto del governatore del Rio Grande do Norte, Robinson Faria. Il mandato, tuttavia, impedisce loro di fare irruzione nella struttura per evitare carneficine, come avvenuto in passato. Il loro compito sarà dunque riportare la calma in città. Nei giorni scorsi, i boss del Primeiro comando capital e del Sindicato do crimen – che da fuori danno gli ordini ai detenuti, impiegati come pedine – l’hanno messa a ferro e a fuoco. Una trentina di bus sono stati incendiati e il trasporto pubblico ha smesso di circolare. I soldati hanno cominciato a pattugliare le strade: entro domani ne arriveranno altri, per un totale di oltre 1.200. Nel frattempo, la polizia sta varando un piano di emergenza per Alcaçuz: un muro, da tirarsi su a tempo di record, per separare i prigionieri delle due gang rivali.

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