Boris Johnson, l'ammiraglio della Brexit
sabato 8 maggio 2021

Non sarà mai sottolineato abbastanza quanto il vero incredibile successo di Boris Johnson nell’immaginario dell’elettorato britannico sia quello di riuscire a passare sempre per l’uomo del popolo, lui cresciuto in una famiglia tutt’altro che popolare e forgiato dalle varie Eton e Oxford. Mentre il leader laburista Keir Starmer non è riuscito dopo un anno a offrire una visione della direzione che intende dare al Labour (più centrista, certo, ma con ricette che sanno di stantio) Johnson ha dimostrato ancora una volta di saper fiutare il vento. E se c’è una cosa che agli inglesi sta a cuore è il ritorno a quel vagheggiato senso di autonomia e grandezza imperiale che per tre secoli ne ha segnato l’indole. Nessuno, nemmeno Johnson, pensa davvero che nel mondo del duopolio Usa-Cina il Regno Unito possa ergersi a superpotenza globale. Eppure la Brexit, la carta d’oro su cui il conservatore ha scommesso tutto, agli occhi di buona parte dell’elettorato – anche e soprattutto della working class che votava Labour e che ora fa sgretolare la «muraglia rossa» del nord – rappresenta al meglio quell’aspirazione. O, almeno, quanto di più ci si possa avvicinare.

Boris lo sa, tant’è che è alla Brexit – e non alla campagna vaccinale – che ha attribuito il successo elettorale di giovedì ad Hartlepool, l’ultimo fortino laburista espugnato: «Questo è un posto che ha votato per la Brexit, noi vi abbiamo dato la Brexit e ora, grazie ad essa, saremo in grado di fare altre cose. È grazie alla Brexit che potremo creare qui un porto franco a Teesside, che abbiamo potuto riprendere il controllo delle nostre frontiere, condurre la battaglia contro la Superlega europea (del calcio) e fare le cose a modo nostro per garantire una somministrazione di vaccini più veloce che nei Paesi Ue». La Brexit come amuleto, dunque. In nome della quale Johnson non ha esitato, alla vigilia del voto, a inviare nella Manica due navi da guerra per indurre al ritiro una cinquantina di pescherecci francesi, sullo sfondo dello scontro fra Londra e Parigi sui diritti di pesca post-Brexit.

Il risultato è stato l’apoteosi della mossa del premier, novello ammiraglio Nelson, sulla stampa popolare britannica e la contestuale irrisione verso la Francia. Johnson, ancora una volta, ne è uscito come il paladino della gente comune, i pescatori in questo caso, facendo passare in secondo piano tutti i dubbi sulle reali prospettive economiche e commerciali del Regno Unito post-Brexit. Quando si dice l’immagine, prima di tutto.

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